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ROMA - La chiamano la città del “peccato” e invece, da anni, è la città della tecnologia. Anche quest’anno Las Vegas ha ospitato il CES (Consumer Electronic Show), l’evento nato nel 1967 per promuovere l’allora nascente industria dell’elettronica di consumo. Dunque si trattava di televisori, radio, alta fedeltà e poco altro. Pochi ricordano che le prime edizioni si tennero nella città che non dorme mai (New York), poi si passò alla città del vento (Chicago) e dal 1978 al 1994 il CES si sdoppiò emigrando anche a Las Vegas. Tanto per avere sempre una temperatura accettabile, evitando in estate i micidiali inverni del Midwest e godendosi in inverno il secco tepore del Nevada.
Ma dal 1998 la Consumer Technology Association, che organizza l’evento, decise che Las Vegas valeva da sola una kermesse che negli anni è diventata un gigantesco e multiforme contenitore di tecnologia, capace di inglobare anche l’automobile accompagnandone la sua evoluzione verso il digitale e l’elettrificazione. Il CES anzi è diventato l’appuntamento preferito per i costruttori tanto da costringere il NAIAS di Detroit a cambiare il proprio calendario. Ma se la capitale dell’auto ha già rinunciato al suo storico salone per la ben nota situazione sanitaria, il CES quest’anno ha scelto di essere digitale anche nel mezzo trasferendosi tutto sul web. Le tecnologie e le auto dunque non si toccano, ma le novità non mancano e si vedono. E riguardano principalmente proprio gli schermi e l’interfaccia uomo-macchina.
La più eclatante è sicuramente l’MBUX Hyperscreen, destinato alla Mercedes EQS, ammiraglia elettrica attesa al debutto nei prossimi mesi e che avrà un’autonomia di oltre 700 km. Sulla EQS l’intera plancia diventa uno schermo, o meglio, un insieme di schermi protetti da un’unica lastra di vetro curvo larga 141 cm. Una superficie di oltre 2,4 metri quadri che avvolge di immagini e informazioni scelte dall’intelligenza artificiale in base alle abitudini di 7 diversi utilizzatori e che reagisce sotto i polpastrelli, grazie al feedback aptico.
Uno spettacolo governato da un processore 8-core con 24 gigabyte di Ram e una memoria di 46,4 GB, una potenza di calcolo dirompente proprio mentre l’industria dell’automobile sta soffrendo la carenza di microprocessori per l’aumento esponenziale delle vendite di tv, console e device vari.
Chissà che non sia la vendetta dell’elettronica di consumo sull’automobile per avere invaso proprio al CES il suo spazio. Di sicuro l’Hyperscreen mantiene come unico elemento fisico le bocchette di aerazione ed è il simbolo della vittoria definitiva del software a bordo dell’automobile bandendo definitivamente i pulsanti e le manopole.
La lotta contro la proliferazione fisica dei comandi era iniziata proprio 20 anni fa. La prima ad intraprenderla fu BMW con la Serie 7 e il suo iDrive, il primo sistema capace di centralizzare e integrare più funzioni permettendone il controllo attraverso uno schermo centrale sulla plancia e una grande manopola sul tunnel. Oggi è un concetto scontato per tutte le automobili, ma allora fu una rivoluzione che BMW ha evoluto costantemente integrandovi nel tempo i comandi vocali, a sfioramento e gestuali e molte altre funzionalità. L’ultima evoluzione è quella della iX, il suv elettrico da 370 kW con un’autonomia di 600 km. Tutta la strumentazione è racchiusa in un grande visore ricurvo sospeso formato dallo schermo da 12,3” della strumentazione da 14,9” del sistema infotelematico, costantemente connesso con il web e aggiornabile in remoto. Il “manopolone” della Serie 7 E65 è sostituto da una manopola in cristallo sfaccettato sul bordo e circondato da tasti annegati nella superficie sottostante in legno.
Sembra davvero che l’architettura e lo stile dei dispositivi domestici sia entrata nelle automobili portando tutta la familiarità di utilizzo e il potenziale in termini di servizi offerto dalla connettività 5G.
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Il Gazzettino