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L'ottavo re di Roma è in realtà la regina d’Inghilterra. La Jaguar infatti ha colto il suo primo successo in Formula E nel 2019 proprio sulle rive del Tevere e lo stesso è stato per Mitch Evans che con la monoposto inglese ha fatto l’en-plein nei due round della scorsa stagione. Se poi si pensa che il suo compagno di squadra Sam Bird è il primo ad avere scritto nel 2018 il proprio nome nell’albo dei vincitori della corsa capitolina, si capisce che per Jaguar i saliscendi dell’EUR hanno un sapore speciale. «La prima vittoria a Roma è una cosa che io e il mio team non potremo mai dimenticare» esordisce Evans che ha tutta l’intenzione di ripetersi visto che lui e la Jaguar sono in lizza per la vittoria finale nei rispettivi campionati e per il neozelandese, dopo una progressione continua nei risultati, sarebbe il momento di raggiungere l’iride al settimo tentativo, soprattutto per uno che dal 2016 in poi si è dedicato a tempo pieno alla Formula E diventandone uno dei migliori interpreti.
La macchina ed il powertrain ci sono, tanto che anche la Envision motorizzata Jaguar e i suoi piloti sono in lotta per la vittoria finale.«Il nostro powertrain è senza dubbio uno dei più forti, ma non sottovalutiamo altri costruttori come la Porsche con i quali stiamo lottando dall’inizio del campionato». Il kiwi insomma non può che essere soddisfatto della propria monoposto I-Type 6 ed è sicuro che possa crescere ancora. «Stiamo ancora esplorando come liberare ulteriore potenziale della vettura. Lavoriamo duro come team per crescere perché in Formula E tutto sta nei continui miglioramenti che fanno la differenza».
Tuttavia il primo terzo della stagione non è stato così facile con posizioni di rincalzo e un ritiro. Poi sono arrivate le vittorie di San Paolo e al primo round di Berlino seguite da una serie di piazzamenti dal 4° posto in su. «È vero, all’inizio non andavamo bene, ma penso sia stata solo sfortuna, anche perché Sam ha preso un secondo e terzo posto a Ad-Diriyah e in qualifica siamo andati sempre bene tanto che a Hydebarad ho preso la pole position. Dal Brasile in poi abbiamo cambiato marcia ed essere in corsa per entrambi i titoli è davvero una bella sensazione».
Parola di un ragazzo che viene dall’altra parte del mondo dove per 5 milioni di abitanti ci sono 30 milioni di pecore e ha dato i natali ad una quantità incredibile di campioni: da quelli del passato come Chris Amon, Denny Hulme e Bruce McLaren a quelli del presente come Earl Bamber, Brendon Hartley, Scott Dixon e Nick Cassidy che ha lo stesso passaporto di Evans e nel cofano della sua Envision anche lo stesso powertrain.
Due neozelandesi su 22, mica poco.
Il Gazzettino