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LOS ANGELES - Da Palermo a Los Angeles a bordo di un gommone di 11 metri motorizzato con due fuoribordo. Un’impresa non comune, ma Sergio Davì, avventuriero palermitano non nuovo a imprese del genere, l’ha portata a termine con piena soddisfazione. Salpato il 15 dicembre 2021 dal porticciolo dell’Arenella, a Palermo, il Prince Nuova Jolly è approdato nel porto di San Pedro, a Los Angeles, lunedì 23 maggio, dopo aver navigato da un capo all’altro del mondo per 9000 miglia. 519 ore e 32 minuti è stato il tempo di effettiva navigazione, con tappe in Spagna (Baleari e Canarie), Gibilterra, Capo Verde, Guyana Francese, Trinidad&Tobago, Curaçao, Colombia, Panamà, Guatemala, Messico e Stati Uniti. Ad accogliere a Los Angeles il navigatore solitario c’erano i familiari e una piccola rappresentanza di emigrati siciliani, originari di Terrasini, oltre ad esponenti delle aziende che hanno sostenuto l’impresa, in testa Suzuki, che ha fornito i motori (due DF300B) e Simrad, che ha contribuito alla sicurezza della navigazione con una strumentazione di assoluta avanguardia. In prima linea il presidente di Suzuki Motor of America Masahiro Yamamoto, i vicepresidenti Gus Blakely e Kunihiko Wahira, il console generale d’Italia a Los Angeles Silvia Chiave e il viceconsole Pietro Bellinghieri.
La maxi traversata di Sergio Davì si è conclusa dunque nel migliore dei modi, ma non sono mancati imprevisti e disavventure, compresa una sosta prolungata alle Canarie, dove il comandante ha contratto il Covid ed è stato costretto a prolungare la prevista sosta tecnica. Davì ha raccontato anche di essere stato costretto a un cambio di rotta nel mar dei Caraibi per sfuggire a un attacco da parte di pirati e di aver incontrato, in alcune fasi, condizioni meteomarine particolarmente avverse. Ma tutto si è risolto per il meglio e nel bilancio complessivo della missione risulta particolarmente significativo anche il contributo alle campagne di sensibilizzazione e protezione dell’ambiente marino. Durante il lungo viaggio sono stati raccolti infatti materiali che saranno sottoposti alle analisi del dipartimento ATEN CENTER dell’Università di Palermo, che si occupa di studiare il problema delle microplastiche disciolte nei mari. Le provette verranno consegnate all’istituto palermitano per essere esaminate e utilizzate per uno studio scientifico che verrà poi pubblicato. In questa ottica è risultato particolarmente significativo il ruolo avuto nella missione dai motori Suzuki. L’azienda giapponese, com’è noto, ha sviluppato il dispositivo “lavalacqua” (Suzuki Micro Plastic Collector), un sistema di filtraggio dell’acqua utilizzata per il raffreddamento, capace di raccogliere le microplastiche in dispersione durante il normale funzionamento del motore. Questo dispositivo è stato appena introdotto sul mercato come dotazione standard sui motori di potenza compresa tra i 140 e i 100 cavalli. I fuoribordo protagonisti dell’impresa di Davì sono i DF300B, che si basano sul blocco motore 6 cilindri da 4,4 litri del DF350A, facendone l’unità termica di maggior cubatura fra i V6 da 300 hp oggi presenti sul mercato. Proprio in virtù della cilindrata, questo propulsore offre valori di coppia da primo della classe e, grazie al rapporto di compressione di 10,5:1, anche un notevole risparmio di carburante e grande affidabilità.
Da sottolineare anche la presenza dell’innovativo sistema Dual Prop, dotato di elica controrotante, che contribuisce a ripartire la coppia in egual misura su due eliche.
Nella versione standard da diporto può portare fino a 18 persone e offrire due posti letto in cabina, ma nella versione speciale allestita da Davì per il raid tutti gli spazi disponibili sono stati utilizzati per serbatoi di benzina. La motorizzazione, come detto, è stata fornita da Suzuki Italia, il cui presidente Massimo Nalli ha recitato un ruolo non secondario nell’impresa: non tanto per l’impegno messo fornendo i fuoribordo DF300B, quanto per aver partecipato in prima persona ad una piccola parte dell’avventura, affiancando Davì nella tappa Palma di Maiorca-Gibilterra (465 miglia nautiche). “Un raid ti cambia la vita” ha dichiarato il numero uno di Suzuki Italia. “Paura e adrenalina si sono fuse con l’emozione della libertà, del contatto e il rispetto per il mare e per la natura, con la consapevolezza di poter scoprire nuovi valori, nell’accettare la sfida e nel vivere l’avventura come se non avessi paura. Navigare così a lungo e soprattutto di notte, cosa che non avevo mai provato, è stato un susseguirsi di emozioni forti, straordinarie, che non dimenticherò mai.” Al di là dell’aspetto emozionale, Nalli ha sottolineato anche il valore “educativo” di una missione del genere. “Questa esperienza mi è servita per acquisire consapevolezza di ciò che si può e si deve fare in mare per affrontarlo con rispetto, in sicurezza; è un’esperienza utile per lanciare un messaggio importante a tutti coloro che amano la navigazione da diporto.” Inutile dire che la soddisfazione principale, in casa Suzuki, è stata procurata dal rendimento dei propri motori.
E Nalli lo ha sottolineato, ricordando che “senza supporti tecnici adeguati non si possono affrontare sfide estreme come questa. I nostri motori – ha aggiunto - hanno dimostrato di garantire efficienza, prestazioni, facilità d’uso, sicurezza e affidabilità”. Tutto ciò che serve – aggiungiamo noi - non solo agli avventurieri come Davì, ma anche al diportista medio, quello che vuole godersi il mare con gli amici e la famiglia a bordo di un gommone o di una barca, senza stress e senza rischi. Motori a parte, è giusto ricordare che ha recitato una parte decisiva nel successo della Ocean to Ocean RIB Adventure anche la strumentazione fornita dal colosso dell’elettronica Simrad. A disposizione di Davì sono stati messi il sofisticato pilota automatico AP 48, il radar HALO24 e il display multifunzione NSS evo3S, dotato di cartografia C-MAP. Supporti indispensabili, che qualsiasi diportista comune può tranquillamente utilizzare a bordo della propria imbarcazione.
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