Al volante della Porsche 99X Electric. La "cerimonia" della vestizione e la prova sedile

Nel box sono appese numerose tute, che quando le indossano i piloti sono perfette, calzano alla perfezione nel circuito di Maiorca
PALMA DI MAIORCA – I musi delle monoposto di Formula E Porsche 99X Electric Gen 2 da 5,2 metri di lunghezza, 1,06 di altezza, da 900 kg di peso e con fino a 340 Cv di...

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PALMA DI MAIORCA – I musi delle monoposto di Formula E Porsche 99X Electric Gen 2 da 5,2 metri di lunghezza, 1,06 di altezza, da 900 kg di peso e con fino a 340 Cv di potenza spuntano dai box. Ma non è arrivato il momento di “coccolarle”: è ancora al tempo del “vedere, ma non toccare”. Prima ci sono la “prova costume” e la preparazione della macchina da parte dei tecnici che devono prendere le misure ai novellini della pista, che quelle auto le hanno finora solo viste, anche molto da vicino, e ne hanno per anni descritto le caratteristiche e le prestazioni.

Nel box sono appese numerose tute, che quando le indossano i piloti sono perfette, calzano alla perfezione. Solo che oggi tocca metterla a uno che ha un fisico “normale”, pure in sovrappeso. Senza offesa, ma per avere un termine di paragone nel mondiale elettrico si può pensare a Oliver Rowland, il pilota britannico rientrato alla Nissan, che ha il fisico più robusto fra i piloti della Formula E. Sotto la tuta è necessario indossare la biancheria ignifuga: la maglia a maniche lunghe e a collo un po' alto e i mutandoni che arrivano fino alle caviglie, sopra i quali vanno messi anche i calzini dello stesso materiale.

Una volta infilata la tuta già si suda, anche perché poi bisogna allacciarsi le scarpe, anche quelle di ordinanza. I piloti sono abituati e allenati e Andrè Lotterer, che a cena mangia l'intero menu senza risparmiarsi nemmeno il dolce (ma niente alcolici: “Quelle calorie me le posso risparmiare”, sorride), a 42 anni esibisce un fisico che molti “umani” hanno visto solo in fotografia. La temperatura è quasi primaverile (il giorno prima si mormora di una temperatura di 24 gradi), ma il caldo dentro la tuta è quasi estivo. Poi comincia la prova sedile, una specie di dondolo nel quale si viene infilati e dal quale si fatica a uscire: ne viene concesso uno un po' più largo, “ma di più grandi non ce ne sono”, viene detto.

Il bolide è vicino: è arrivato il momento di salirci. Non è né bello né semplice come sembra. Lì non si può mettere il piede e là non ci si può aggrappare con la mano. Roba da acrobati, almeno la prima volta, anche perché pare brutto mettere la scarpa sul sedile: in una macchina normale non lo si farebbe mai. Sulla monoposto è inevitabile: tutti sorridono, quasi ridono per il curioso rispetto che il novellino nutre verso un simile veicolo. Il piede viene poi sistemato dove il telaio (e non la carrozzeria) sostiene il peso del corpo, il braccio spostato verso l'Halo e con un balzo piuttosto goffo si è dentro quello che appare come ciò che per anni è stato studiato a scuola: un sarcofago della civiltà egizia.

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Il Gazzettino