La cosa più incredibile della sua esistenza non è che fosse sopravvissuta ad Aushwitz e soprattutto ai mostruosi esperimenti che il dottor Josef Mengele aveva fatto...
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Nata il 31 gennaio 1934 a Portz, allora in Ungheria e oggi in Romania, fu portata ad Auschwitz nel maggio 1944: sulla lunga banchina affiancata alle porte dei forni crematori, affollata di migliaia di ebrei appena arrivati dall'Ungheria, come ha raccontato lei stessa, un militare osservava due bambine vestite di un identico abitino rosso, strette alle mani della madre. «Sono gemelle?», chiese.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale si recò in Israele e dagli anni '50 si era trasferita negli Usa e a Terre Haute, nell'Indiana, aveva creato l'associazione Candles (Children of Auschwitz Nazi Deadly Lab Experiments Survivors), un museo dell'Olocausto e un centro educativo. Da trent'anni viaggiava in tutto il mondo come testimone dei crimini nazisti, insegnando l'importanza del perdono per superare i traumi personali e storici.
IL LIBRO
Nel 2009, il suo libro per bambini «Surviving the Angel of Death» è stato un bestseller internazionale. Alla sua storia è dedicato un documentario diffuso in Italia con il titolo «La donna che ha perdonato i nazisti». Un nuovo documentario, «Eva A-7063» di Ted Green e Mika Brown, è uscito nel 2018. Il suo libro di memorie dal titolo «Ad Auschwitz ho imparato il perdono. Una storia di liberazione» in italiano è stato pubblicato dall'editore Sperling e Kupfer.
La sua terribile esperienza esplode nell'adolescenza A sedici anni è in Israele, a ventisei negli Stati Uniti: gli incubi notturni sono scomparsi, ma non l'odio per gli aguzzini, la costante sensazione di essere indifesa e impotente, la sofferenza causata dai ricordi, che vengono sepolti in un angolo della memoria. Finché l'incontro con un ex nazista fa riemergere il dolore, ma mostra a Eva una nuova strada, il perdono, che libera dal peso del passato non i carnefici, come si crede, ma le vittime, rendendo loro il potere sulla propria vita. L'odio la incatenava agli abusi subiti, il perdono le permette di andare avanti, senza dimenticare quel che è stato. Di guardare quella bambina fotografata dietro il filo spinato del campo di sterminio senza essere sopraffatta dall'angoscia. Di ottenere che due criminali ammettano pubblicamente le proprie colpe. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino