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«Riparo al chiuso» con porte e finestre serrate e sistemi di ventilazione o condizionamento spenti. Ma anche «iodoprofilassi» e controllo della filiera produttiva di verdura e carni. Sono queste, in estrema sintesi, le regole cardine su cui si basa il nuovo Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari. Vale a dire il documento, appena aggiornato dal governo (domani verrà vagliato dalla Conferenza Unificata delle Regioni) e dalla Protezione civile, che «individua e disciplina le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza ubicati oltre frontiera, ossia impianti prossimi al confine nazionale, in Europa e in paesi extraeuropei».
L'Italia aggiorna il piano anti-nucleare
In tutta evidenza la guerra in Ucraina e le ultime notizie degli attacchi russi agli impianti del Paese, da Chernobyl a Zaporizhzhia, preoccupano Palazzo Chigi. Senza eccessivi allarmismi però. Il piano infatti è previsto da un decreto legislativo del 2020, e stando alle normative Ue è obbligatorio per ogni Paese da diversi anni oltre, appunto, a dover essere aggiornato regolarmente. Peraltro, le centrali ucraine si trovano tutte ben oltre la prima soglia di sicurezza di 200 km di distanza. Stando alla bozza indirizzata alle Regioni il piano si sviluppa in 3 fasi, diversificate in base all'evoluzione dello scenario incidentale considerato, e appunto è tarato su vari tipi di incidente con differenze tra un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali e uno oltre quella distanza (oppure per un incidente in territorio extraeuropeo). In tutti questi casi, con diverse intensità, la risposta è la medesima e si compone di tre atti. La prima fase inizia con il verificarsi dell'evento, e si conclude quando il rilascio di sostanze radioattive può considerarsi terminato. Si caratterizza dal passaggio sul territorio di una nube radioattiva: in questo caso sono necessarie azioni tempestive di contrasto. La seconda, successiva al passaggio della nube, è invece caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro passaggio alle matrici ambientali e alimentari. Infine, la terza fase è detta di transizione e prevede - dopo l'aver individuato e fermato l'origine della contaminazione - che siano avviate le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati, e la gestione dei materiali contaminati durante l'emergenza.
Tre fasi
Infine, il piano fornisce indicazioni per la iodioprofilassi, cioè «una efficace misura di intervento per la protezione della tiroide, inibendo o riducendo l'assorbimento di iodio radioattivo, nei gruppi sensibili della popolazione».
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Il Gazzettino