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Chissà quante ragazze avrà ispirato con quel suo modo appassionato e affascinante di suonare il basso, sul palco e nei video registrati con il cellulare in cameretta che pubblica tra le sue storie di Instagram, dove un milione di seguaci è sempre pronto a mettere like alle sue foto: quelle con il suo strumento tra le braccia, quelle scattate sui set, quelle che la ritraggono senza un filo di trucco in reggiseno e mutande o in costume. «Un modello? Mi sentirei arrogante. Cerco di fare il mio e in questo modo spero di mandare messaggi positivi». È una femminilità irrituale, quella di Victoria De Angelis, la 20enne bassista dei Måneskin che sabato hanno trionfato sul palco dell’Eurovision Song Contest a Rotterdam riportando il trofeo in Italia dopo trentuno anni. A “X Factor”, nel 2017, quando il gruppo – dopo le esibizioni per strada a via del Corso a Roma – decise di fare il salto provando a conquistare il successo su larga scala, a emergere fu la personalità istrionica del cantante Damiano, bello e impossibile. Quella di Victoria, o Vic, come la chiamano i suoi compagni di band, madre danese e padre italiano, è venuta fuori con il tempo. E si è presa lo spazio che meritava. È lei la vera mente del gruppo, che fondò ai tempi del liceo – scegliendo anche il nome, Måneskin, una parola che nella lingua della mamma significa “chiaro di luna” – insieme al chitarrista Thomas “Er Cobra” Raggi, dando una seconda chance a Damiano dopo averlo cacciato via da una precedente band: era troppo pop, mentre Victoria voleva suonare musica metal, dura, spigolosa e tagliente.
IL RACCONTO
«Soffrivo di certe rigide distinzioni tra maschile e femminile: a sei anni avevo proprio il rifiuto per tutte le cose da bambina: facevo skate, tenevo i capelli corti, mi vestivo da maschio.
LA FORZA
A Sanremo, dopo la proclamazione sul palco, ha strappato risate ai telespettatori – e a Fiorello – con tutte quelle parolacce dettate dalla gioia e dall’incredulità: «Trucco e vestiti mi aiutano a sentirmi meglio con me stessa, più figa, ma ho periodi in cui vorrei stare in tuta e basta. In quei casi cerco di darmi forza, ricordare che puoi trascorrere una bellissima giornata anche struccata e coi capelli in disordine». In una scena come quella italiana, dove le donne che fanno rock sono una rarità, il suo è un caso interessante: «È molto difficile in questo mestiere salire sul palco e far vedere a milioni di persone il tuo lavoro, ciò che sei, quello che vuoi dire. C’è una tendenza a sessualizzare molto le artiste: si dice che una è bona, non che è brava». Intanto Vasco si è congratulato con lei: «Finalmente una donna». E i rocker britannici Royal Blood hanno condiviso su Instagram un video in cui Vic suona al basso una loro canzone, “I only lie when I love you». E il femminismo? «Una parola fraintesa. Per molti indica la necessità di difendere le donne, quando il suo significato è parità fra i sessi. Chi non è a favore di questo è un idiota».
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