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Dal padre che impara a fare anche la madre in Kramer contro Kramer (1979, cinque Oscar) alla mamma “controcorrente” del recentissimo Unicorni, dal maestoso ritratto generazionale protagonista di La famiglia (1987) ai conflittuali rapporti tra consanguinei che rendono inconfondibili i film di Gabriele Muccino (L’ultimo bacio, Ricordati di me, A casa tutti bene) fino alla violenza del padre che devasta la vita di una madre e i suoi figli in Familia (2024): il cinema, che nel bene e nel male non ha mai smesso di riflettere la realtà, continua a raccontare la famiglia.
Il nucleo sociale di base è lo specchio della vita e insieme protagonista di cambiamenti antropologici, culturali, di costume che negli ultimi tempi hanno registrato un’accelerazione inedita, imprevista. Il punto di svolta, quasi mezzo secolo fa, è Kramer contro Kramer, l’intenso dramma diretto da Robert Benton, protagonista una moglie (la magnifica Meryl Streep, premiata con l’Oscar) che, desiderosa di realizzarsi al di fuori del ruolo materno, lascia la casa coniugale: il marito, un altrettanto potente Dustin Hoffman (statuetta anche per lui) deve quindi occuparsi del loro bambino, perde il lavoro e la coppia finisce in tribunale a dilaniarsi per la custodia del piccolo.
GENERAZIONI
Nel 1987, nel capolavoro La famiglia, Ettore Scola metteva in scena tre generazioni raccontate nell’arco di ottant'anni. Lo sfondo, in cui campeggia il patriarca Vittorio Gassman, è un elegante appartamento romano del quartiere Prati in cui il tempo passa tra tra amori, guerre, delusioni e ideali. Ma l’istituzione rimane salda. È invece una critica feroce alla famiglia borghese American Beauty che nel 1999 lancia il regista Sam Mendes, il protagonista Kevin Spacey e vince cinque Oscar. Con il nuovo millennio il nucleo tradizionale si sgretola per diventare inclusivo, addirittura alternativo. La famiglia non è più il cuore pulsante dell’identità individuale e collettiva ma una delle possibili realtà affettive. Al di là dei legami di sangue, conta il nucleo “scelto” all’insegna di amore, comprensione, rispetto: è il tema di Le Fate ignoranti, il primo grande successo di Ferzan Ozpetek che nel 2001 sdoganava l’omosessualità sul grande schermo promuovendo una rivoluzione di costume prima ancora che cinematografica. Nove anni dopo il regista italo-turco racconterà in Mine vaganti una famiglia meridionale terremotata dalla scoperta che i due eredi maschi, Riccardo Scamarcio e Alessandro Preziosi, sono gay a dispetto del padre super-tradizionale Ennio Fantastichini.
SENTIMENTI
Il cult L’ultimo bacio di Muccino (2001) parla invece della fuga dalle responsabilità genitoriali: la incarna Stefano Accorsi che, poco prima di diventare padre, prende una sbandata per la giovanissima Martina Stella mettendo a rischio il suo legame con la compagna Giovanna Mezzogiorno. Nello stesso anno Nanni Moretti vince la Palma d’oro a Cannes con La stanza del figlio, un dramma sulla famiglia in cui il dolore, rappresentato dalla morte accidentale di uno dei due ragazzi, disintegra il nucleo anziché unirlo. Nel corso dei decenni il cinema non ha dimenticato di raccontare realtà affettive stravaganti, paradossali, fuori dagli schemi come in La Famiglia Addams e The Royal Tannenbaums. E c’è una famiglia non tradizionale che vive di piccoli furti al centro di Un affare di famiglia (2018) del maestro giapponese Hirokazu Kore'eda. La consanguineità criminale lega anche gli antieroi di Anime Nere (2014), il magnifico noir di Francesco Munzi sulla ’ndrangheta. E in Familia il regista Francesco Costabile ha ricostruito un caso di cronaca del 2008: l’omicidio del padre violento da parte del figlio. Di tutt’altro segno la commedia di Paolo Genovese Una famiglia perfetta (2012) in cui Sergio Castellitto, per sentirsi meno solo a Natale, noleggia una compagnia di attori destinati a interpretare i figli, i fratelli, i cugini, i nipoti che non ha. Il messaggio? Alla famiglia non si può rinunciare. Almeno al cinema.
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