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Caro direttore,
in questo caldo agosto 2023 una tale Kristin Harila, alpinista norvegese, ha lasciato morire sul K2 un povero sherpa pakistano, di nome Mohammad Hassan, caduto da uno strapiombo e rimasto penzoloni a testa in giù, scavalcandolo assieme al suo team, perchè la sosta avrebbe compromesso il raggiungimento del record che l'alpinista stava tentando di battere: scalare tutti i 14 ottomila nel minor tempo possibile. Record battuto, sherpa morto e medaglia d'oro di vigliacca arroganza aggiudicata con pieno merito. Se poi s'aggiungono le dichiarazioni della protagonista: "non ero là" diventato, grazie ad un filmato inequivocabile, un "abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo", smentite subito dall'alpinista austriaco Wilhelm Steindl che era proprio lì quel giorno, siamo davvero in un Barnum dello squallore che nulla ha a che fare coi monti e con chi li frequenta con umiltà e rispetto. Sentimenti del tutto assenti in questa tragica, sciagurata vicenda che ci fa davvero male perchè è un tradimento totale di tutto ciò che da sempre ha significato andar per cime. Mai si negava l'aiuto a chi era in difficoltà, mai la sfida colla roccia era caccia al record.
Vittore Trabucco
Treviso
Caro lettore,
purtroppo la storia dell'alpinismo, soprattutto quello himalayano, non è così nobile e priva di ombre come ci piace pensare e raccontare.
Il Gazzettino