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Egregio direttore,
c'è chi parla male della sanità in Veneto. Allora offro la mia recente testimonianza. Due giorni fa mio figlio ha fatto una visita specialistica alle 16 (richiesta al mattino stesso), è stato mandato al pronto soccorso per una radiografia, fatta alle 18, risultato in mano alle 19. Ticket 25 euro. Se qualcuno trova un servizio analogo in qualunque parte del mondo, me lo faccia sapere (ma nessuno mi chiamerà, ne sono certo). A Londra un mese fa per un piccolo consulto la prima cosa che mi hanno chiesto è stata «How do you want to pay?», cioè: come vuole pagare? Mi tengo il Veneto.
Leonardo Bassi
Caro lettore,
in questi ultimi mesi abbiamo pubblicato numerose lettere che segnalavano disservizi nella sanità.
Tra coloro che si laureano poi in pochi vogliono dedicarsi ad alcune specialità, poco remunerative e attrattive, come la medicina d'urgenza (cioè lavorare in pronto soccorso) o fare gli anestesisti: due comparti che sono invece cruciali nel sistema sanitario. Ma mentre i medici sono meno di quanto servirebbe, la domanda di esami diagnostici e visite specialistiche, dopo la pandemia, è ulteriormente aumentata. E non sempre si tratta di prescrizioni utili o necessarie. Anzi in tanti casi è l'esatto opposto. Si tratta cioè di esami che si potrebbero evitare e che secondo alcuni calcoli assorbirebbero fino al 20% della spesa sanitaria totale. Come mai? Un ruolo importante l'ha assunto la cosiddetta medicina difensiva: per evitare contestazioni e tutelarsi dalle denunce sempre più frequenti, molti medici prescrivono ai pazienti esami e visite specialistiche non strettamente necessarie.
Così si mettono al sicuro. Ma è anche sbagliato prendersela per questo con i medici: piuttosto bisognerebbe porsi il problema di tutelarli meglio e di consentire loro di lavorare con maggiore tranquillità. Insomma soprattutto dopo il Covid, la sanità, non diversamente da altri mondi, è stata investita da un processo di profondo cambiamento. A cui ovviamente occorre dare risposte adeguate. La sua testimonianza dimostra che non siamo all'anno zero. E che, per molti aspetti, restiamo un'eccellenza. Ma c'è anche molto lavoro da fare.
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