Giusta l'indignazione contro le caste ma diffidiamo della sete di vendetta

Giusta l'indignazione contro le caste ma diffidiamo della sete di vendetta
Caro direttore, ha notato qualche evidente risultato allo scandalo e all’indignazione delle persone di buon senso sulla questione degli stipendi, delle liquidazioni, delle...

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Caro direttore,

ha notato qualche evidente risultato allo scandalo e all’indignazione delle persone di buon senso sulla questione degli stipendi, delle liquidazioni, delle pensione, dei vitalizi… d’oro?




I diritti acquisiti restano tali fintanto che è possibile sostenerli. Poi devono essere messi in discussione e assolutamente modificati e ridotti in considerazione dell’impossibilità a mantenerli allorché la situazione economica finanziaria e di crisi di uno Stato e di una Azienda non lo permettono. Siccome chi deve intervenire e mettere mano alle modifiche sono proprio quelli che usufruiscono dei privilegi da loro stessi messi in atto, mi chiedo come è possibile pensare a un loro intervento di correzione, invocato ma naturalmente ignorato da chi (elemento della casta) riceve liquidazioni, vitalizi, pensioni… d’oro elargite dopo una lauta remunerazione nell’attività lavorativa.



Finito lo sdegno è più probabile che ci sia una corsa a occupare quegli spazi ove hanno vita e alimento i privilegi. Non è l’invidia per chi è privilegiato ma il buon senso comune che grida, inascoltato, vendetta.




Ivo Zanetti

Pordenone





Caro lettore,

il grande autore statunitense Philip Roth ha scritto qualche tempo fa un libro che si intitolava proprio "Indignazione". In questo libro il protagonista, un giovane ebreo newyorkese, sosteneva che, secondo lui, "indignazione" era pur sempre la parola più bella del vocabolario americano.



Forse non per tutti è così. Qualcuno, costretto a fare i conti con le durezze della vita, non può permettersi neppure il lusso di essere indignato. Qualcun altro si è stancato di esserlo. L'amarezza e la disillusione che emanano dalla sua lettera sono, da questo punto di vista, eloquenti.



Ma, nonostante tutto, l'indignazione è parte stessa dell'essere cittadino. È una delle poche armi civili di cui disponiamo. Un'arma, è vero, spesso spuntata e inefficace, che magari colpisce ma non scalfisce. Soprattutto quando nel mirino c'è la rete di inossidabili privilegi che permeano la nostra società. Tuttavia meglio una società di indignati delusi che di indifferenti più o meno gaudenti.



L'indifferenza è la vera alleata del potere e delle caste. L'indignazione è la loro insidia quotidiana. Attenzione però: l'indignazione, quella vera e civile, non deve avere come obiettivo la vendetta, ma la giustizia: una maggiore giustizia e il rispetto - reale, non formale - dei diritti ma anche dei doveri. La sacrosanta lotta ai privilegi e alle rendite di posizione, cosi diffuse in Italia, non va confusa con l'invidia sociale né con la demagogia a buon mercato.



Ed è bene diffidare degli indignati di professione, assetati di vendette e di ghigliottine. Come la storia insegna, molto spesso costoro hanno solo l'obiettivo di abolire privilegi e caste per costruirne altri. A loro uso e consumo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino