Le versioni ufficiali del regime russo e ciò che deve fare il giornalismo "onesto"

Le versioni ufficiali del regime russo e ciò che deve fare il giornalismo "onesto"
Caro direttore, c'è stata la morte di Navalny, cittadino russo, giudicato colpevole di alcuni reati e condannato dal tribunale al carcere, dove venerdì e stato...

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Caro direttore,
c'è stata la morte di Navalny, cittadino russo, giudicato colpevole di alcuni reati e condannato dal tribunale al carcere, dove venerdì e stato ritrovato morto, le cause della morte sono ora al vaglio degli inquirenti per capirne le cause. Ecco un esempio di come un giornalista onesto dovrebbe scrivere e qui sotto un esempio di come invece scrive la maggioranza: venerdì è stato assassinato in un gulag siberiano Navalny, paladino della democrazia e della libertà, unico vero dissidente di Putin, ingiustamente carcerato e chiaramente assassinato per ordine di Putin e il suo governo tiranno e despota, antiliberale e antidemocratico.


C'è bisogno di dire altro?


I.R.


Caro lettore,


le modalità e le parole con cui, secondo lei, un giornalismo "onesto" avrebbe dovuto dare la notizia della morte di Navalny ricordano molto le formule usate e suggerite durante il Ventennio dall'Agenzia Stefani per diffondere le notizie poco gradite o scomode per il regime. E il vaglio degli inquirenti russi a cui lei si richiama ricorda molto da vicino lo scrupoloso (?) lavoro degli investigatori ufficiali dopo il delitto di Giacomo Matteotti, di cui ricorrono proprio in questi giorni i cento anni. Ora è noto che qualcuno abbia nostalgia di quelle tristi e terribili stagioni della nostra storia, noi però preferiamo un giornalismo che, pur con molte difficoltà, abbia anche il coraggio e la capacità di dire e di poter dire altro. Per esempio di ricordare che Navalny era stato condannato a 12 anni di carcere in Siberia per "estremismo", un reato impalpabile e indefinito che solo nelle peggiori dittature è contemplato e consente di mettere a tacere chiunque la pensi diversamente dal potere costituito. O per ricordare che non solo i servizi segreti russi avevano già cercato di avvelenare Navalny, ma che le condizioni carcerarie a cui era sottoposto in Siberia l'opposto ore di Putin erano degne del gulag di sovietica memoria: una condanna all'oblio e all'annullamento umano se non alla morte, come in questo caso. O per scrivere che centinaia di cittadini russi, solo per aver manifestato in piazza dopo la notizia della morte di Navalny, sono stati incarcerati. O ancora per raccontare che dopo alcuni giorni dalla sua morte dichiarata i parenti di Navalny non hanno potuto vedere il cadavere del loro congiunto. Naturalmente lei può continuare a ignorare tutto questo e ritenerlo normale. O a considerare che il giornalismo onesto sia quello delle fonti ufficiali controllate dal Cremlino. Noi pensiamo che sia altro da dire. Molto altro. E vorremmo che anche in Russia questo fosse possibile. Ma non lo è. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino