La prescrizione non è una tutela per i potenti ma la garanzia per tutti di un giusto processo

La prescrizione non è una tutela per i potenti ma la garanzia per tutti di un giusto processo
Caro direttore, mi auguro che prima o poi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiarisca a quali riferimenti culturali e dottrinali si sia ispirato per elaborare la sua...

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Caro direttore,
mi auguro che prima o poi il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiarisca a quali riferimenti culturali e dottrinali si sia ispirato per elaborare la sua riforma della prescrizione. Forse Robespierre? O piuttosto Pol Pot, Putin, Kim Jong-un, Erdogan, Xi Jinping, o qualche altro campione del garantismo? Ma quel che veramente sgomenta è che gli italiani assistano indifferenti allo smantellamento di un fondamentale istituto di garanzia dei cittadini, presente nella cultura giuridica dell'occidente fin dai tempi di Demostene. Sostenere che così si impedisce che corruttori e malversatori la facciano franca è confondere il dito con la luna. Bisogna tenere alta l'attenzione su questa riforma.

Umberto Baldo
Abano Terme

Caro lettore,

la riforma del ministro Bonafede è un delitto giuridico, che sta per essere perpetrato da una classe politica illiberale. La prescrizione non è una tutela per i potenti o per i soliti noti. È una garanzia per ciascuno di noi di non essere sotto processo a vita. Che chi ha nelle proprie mani le sorti del Paese, non comprenda questo fondamentale elemento di civiltà, non solo giuridica, è assai grave e preoccupante. Anche sul piano pratico la riforma della prescrizione rischia di avere effetti esattamente contrari a quelli vantanti dai suoi sostenitori: invece di velocizzare i procedimenti, finirà con l'allungarli intasando ancora di più gli uffici giudiziari. E consegnerà ancora più potere nelle mani dei pubblici ministeri, che godono già di un'amplissima discrezionalità e di poche responsabilità. Come ha ricordato più volte Carlo Nordio, sarebbe stato più semplice modificare la norma e far partire i termini della prescrizione dalla data in cui l'indagato viene messo sotto inchiesta e non da quando è stato commesso il reato. Non si sarebbe toccato il principio, ma si sarebbero evitate molte delle prescrizioni che si sono registrate negli ultimi anni. Inoltre bisognerebbe intervenire sull'ipocrisia dell'obbligatorietà dell'azione penale, un principio che lascia di fatto i Pm liberi di decidere di cosa occuparsi, cioè di quali inchieste aprire e quali no. Intervenire sulla prescrizione, cancellandola, è solo una scorciatoia ideologica che non ridurrà i problemi della nostra giustizia ma li aggraverà. Rendendoci tutti un po' meno liberi e garantiti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino