Si è fatto un gran parlare dell'articolo apparso sul New York Times dal titolo Venezia, invasa da turisti, rischia di diventare una Disneyland sul Mare. Quelle che...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Giancarlo Tomasin
Caro lettore,
credo che il New York Times, come qualsiasi altro giornale, abbia il diritto di parlare di Venezia, di criticarne la gestione dei flussi turistici o di apprezzarne aspetti più o meno noti. Il problema è un altro: Venezia non è solo sommersa dal turismo ma anche dai luoghi comuni e dai dibattiti inconcludenti. La realtà è che non esiste una ricetta unica per evitare la deriva Disneyland della città lagunare e non esistono neppure interventi neutrali e a costo zero, che non ledano cioè interessi costituiti. Se partiamo da questa consapevolezza, possiamo tentare di invertire la rotta e provare a restituire a Venezia una dimensione di città viva e vitale. La strada è armarsi di sano pragmatismo e sperimentare interventi e azioni, senza farsi condizionare da lobby e snobismi, ma anche con l'umiltà di essere pronti a tornare indietro se le azioni si rivelassero inefficaci o sbagliate. L'unicità di Venezia è tale che non è possibile fare diversamente: ogni intervento sulla città lagunare porta in sè conseguenze e difficoltà inimmaginabili in altri contesti. Ma questo non può diventare un alibi per continuare a dibattere senza agire. Il New York Times ha scritto cose giuste e cose risibili. Ma il problema non sono gli articoli di qualche autorevole giornale straniero. Il problema è Venezia e il suo futuro. Ed è di questo che ci deve occupare. Non solo a parole. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino