Caro direttore, certamente molti cittadini faranno fatica a capire la sentenza su mafia capitale. E altri ancora di più forse a comprendere che cos'è la mafia....
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certamente molti cittadini faranno fatica a capire la sentenza su mafia capitale. E altri ancora di più forse a comprendere che cos'è la mafia. L'uomo nero, Massimo Carminati, l'imputato più in vista, aveva esercitato un fortissima influenza sul mondo di sopra, cioè sui politici. Altrettanto di può dire del collaboratore Salvatore Buzzi, presidente di una cooperativa originata da ex-detenuti, esperti pertanto del crimine e giunti a loro modo al pentimento. Inoltre uomini potenti e temuti, percepiti come dei veri signori di Roma capitale. Come giudicare una associazione del genere? Solo crimine comune? Si può separare le azioni criminose, i fatti, dal presunto fenomeno mafioso, come sottolineano gli avvocati difensori? Può un'associazione del genere non controllare il territorio come avviene per la mafia, per la camorra e per altre organizzazioni a loro affini? Molti sostengono che la mafia non esiste, processualmente è un'enigma. Hanno forse ragione?
Luigi Floriani
Conegliano
Caro lettore,
la mafia esiste nella realtà di tutti i giorni e anche nella realtà processuale. Ma per quanto riguarda l'organizzazione criminale che faceva capo a Carminati e Buzzi, i giudici hanno ritenuto che non avesse quelle caratteristiche che sono tipiche delle organizzazioni mafiose. Tre in particolare: l'esistenza di vincoli associativi tra i membri della banda; il controllo scientifico e capillare del territorio; il ricorso alla violenza intimidatoria per garantirsi omertà e assoggettamento. La decisione dei giudici romani non deve peraltro sorprendere: abbastanza raramente l'etichetta di organizzazione mafiosa viene riconosciuta a bande che operano al di fuori di Sicilia, Calabria e Campania. La prima volta in assoluto è accaduto per la Mala del Brenta, in cui i giudici ravvisarono modalità e protocolli di tipo mafioso. Non è stato così per Carminati e Buzzi: per il tribunale di Roma i due erano grandi corruttori, senza scrupoli e senza vergogna, ma non usavano metodi mafiosi. Ciò peraltro non ha impedito che alla strana coppia e ai loro sodali di essere condannati con pene pesanti (287 anni in totale). E questo forse è il fatto più importante. Anche se manca l'aggettivo mafioso. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino