Se Zennaro non fosse italiano forse sarebbe già libero? Sono altre le domande che dovranno avere risposta

Se Zennaro non fosse italiano forse sarebbe già libero? Sono altre le domande che dovranno avere risposta
Caro Direttore, solo per chiedere se all'imprenditore veneto Marco Zennaro, sequestrato in Sudan, sarebbero accadute le stesse dolorosissime ed infinite peripezie se fosse...

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Caro Direttore,
solo per chiedere se all'imprenditore veneto Marco Zennaro, sequestrato in Sudan, sarebbero accadute le stesse dolorosissime ed infinite peripezie se fosse stato americano o di qualche altro Paese. È forse il caso di chiedere aiuto alla Turchia, come avvenne alcuni mesi fa per la nostra ragazza volontaria, membro di una organizzazione umanitaria, sequestrata in Kenya, poi liberata ed anche convertita?


Luigi Floriani
Conegliano (Treviso) 


Caro lettore,


è difficile darle una risposta. Ognuna di queste complesse vicende fa storia a sé. In anche in quella di Marco Zennaro c'è più di un aspetto che lascia perplessi. Uno su tutti: per oltre 45 lunghi giorni nulla si è saputo del fatto che l'imprenditore veneziano, la cui azienda opera da 25 anni in Sudan, fosse detenuto in condizioni disumane, e per ragioni ancora tutte da chiarire, a Khartoum in una stazione di polizia controllata dai miliziani: una piccola cella dove albergavano con lui altre trenta persone con un solo letto e un unico gabinetto. Una situazione del tutto inaccettabile. È stato il nostro giornale lo scorso 22 maggio a dare la notizia del sequestro di Marco, dopo che il padre mi aveva inviato un'accorata lettera per denunciare l'orribile situazione in cui si trovava al figlio. Fino a quel momento pochissimi, a parte i familiari, sapevano quello che stava accadendo a un nostro cittadino in quell'angolo di Africa. Da lì è iniziata la mobilitazione dell'opinione pubblica, si è mossa la politica locale, sono apparsi i primi striscioni per chiedere la liberazione di Marco, il ministero degli Esteri ha inviato un proprio inviato in Sudan. Ma la domanda è: com'è possibile che un cittadino italiano, un imprenditore, venga sequestrato per un mese e mezzo in quelle condizioni, privato dei suoi diritti fondamentali, senza che se ne sappia nulla? Come mai, a differenza di quanto è invece accaduto in altri casi, l'opinione pubblica non è stata informata? Cos'è accaduto in quei primi 45 giorni di prigionia? Cosa ha fatto e come si è mossa la nostra diplomazia? Ma queste sono domande a cui cercheremo di trovare risposte più avanti. Ora la cosa importante, l'unica, è che Marco sia liberato e torni in Italia al più presto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino