Accompagnare alla morte chi soffre? Non è compito dell'uomo

Accompagnare alla morte chi soffre? Non è compito dell'uomo
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Caro direttore,

sono andato a trovare mia suocera, ricoverata nel reparto di lunga degenza all’ospedale di Agordo. Bravi i medici e gli infermieri; si prodigano per alleviare, per quanto possibile, la sofferenza di queste persone, con terapie adeguate per allungare loro la vita. Mi rendo conto che la medicina ha le sue regole precise, se sia un bene o un male non lo so, certo è che guardando in volto queste persone esprimono tanta sofferenza. Io sarei per insegnare e accompagnare queste persone, che sono al limite della vita, sul sentiero della più grande avventura umana, che dopo la nascita, è la morte.



Luciano Piani

Alleghe (Belluno)



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Caro lettore,

è vero: la vita è una grande avventura ma con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi e tanti intermezzi decisi spesso dal caso. Un fatto è però certo: anche la sofferenza fa parte della vita e non sempre chi soffre, anche in un reparto ospedaliero di lunga degenza, vuole essere accompagnato alla morte. Spesso è l'esatto contrario. Altre volte è la nostra inconsapevole incapacità di accettare il dolore che ce lo fa pensare.



Il filosofo Emile Cioran diceva che soffrire è il solo modo di acquisire la sensazione di esistere. Non so se sia proprio vero. Ma non credo che debba essere un altro uomo a dover decretare quando e come un suo simile deve incamminarsi sulla strada della morte. Andrè Malraux ha scritto "Una vita può non valere niente, ma niente vale più di una vita". Dovremmo sempre ricordarlo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino