La tragedia di Milano e il diritto alla verità

La tragedia di Milano e il diritto alla verità
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Caro direttore,

nubi sempre più cupe sulla vicenda del liceale in gita scolastica, precipitato dal 5° piano di un hotel a Milano. Un ruolo non secondario sembra riguardi i suoi compagni di classe. Innanzitutto lo scherzo, davvero pesante, del lassativo nella birra. Una domanda è d'obbligo, a questo punto. Perché diretta proprio e soltanto a lui una simile bravata? Una spiegazione va assolutamente data, il silenzio generale o l'omertà sull'esito sconcertante della vicenda c'entra fino a un certo punto. Per quel che si é detto Domenico Maurantonio era un ragazzo modello, bravissimo a scuola e nella musica, allegro e cordiale in compagnia, educato e rispettoso di tutti. Che si tratti forse di virtù che gli hanno giocato contro? Fino a essere invidiosi di chi è migliore, fino a farsi sopraffare da una sorta d'astio nei confronti di chi non si lascia coinvolgere in giochi gretti e meschini? Sta qui il punto. Fa bene la famiglia a porsi certi interrogativi, come se averlo educato al meglio dovesse risultare alla fine un handicap in una società giovanile sempre più vicina al mondo degli ultras che a quella del vivere civile. E poi il silenzio di chi sicuramente sa qualcosa e tace. Possono, i genitori di costoro, sentirsi tranquilli? Lo possono i loro insegnanti, lo possiamo noi cittadini, che guardiamo con grande speranza al futuro dei nostri figli e nipoti?


Aldo Martorano



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Caro lettore,


è difficile avere certezze in una vicenda che da drammatico incidente ha assunto via via le sembianze di un tragico e oscuro gioco mortale. La sensazione è che più di qualcuno che era in quell’hotel o partecipava a quella gita non abbia detto (ancora?) tutto ciò che sa o ha intuito. E che si cerchi di nascondere responsabilità, più o meno diffuse. Fa riflettere anche il fatto che questo clima omertoso e ambiguo sia maturato in una comunità scolastica non certo marginale come quella di un liceo scientifico padovano. Mai come in questo caso l'appello "Chi sa parli", andrebbe urlato. Per rispetto della verità e dell'umana dignità, oltre che di Domenico e dei suoi genitori. Certo, nulla restituirà quel ragazzo alla sua famiglia e ai suoi cari. Ma il diritto di capire e di sapere cos'è successo in quel maledetto hotel, almeno questo, è loro dovuto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino