Ecco perché il referendum è stato un (previsto) flop: quesiti di scarso interesse e un quorum anacronistico

Ecco perché il referendum è stato un (previsto) flop: quesiti di scarso interesse e un quorum anacronistico
Egregio Direttore, anche se era previsto il non raggiungimento del 50% per il referendum sulla giustizia, confesso che ne sono rimasto profondamente deluso. Che, tante volte, in...

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Egregio Direttore,
anche se era previsto il non raggiungimento del 50% per il referendum sulla giustizia, confesso che ne sono rimasto profondamente deluso. Che, tante volte, in passato, il Parlamento abbia emendato leggi in aperto contrasto con la volontà popolare espressa nei vari referendum, è cosa nota. La data del voto poi è stata (volutamente o no) stabilita in una giornata estiva con tanta gente al mare e di questo appuntamento elettorale è stata data pochissima informazione: a mio modo di vedere si è persa la possibilità di cercare di correggere alcune storture giuridiche di cui parla sempre in modo sublime il dott. Nordio.


Una cosa, nel mio piccolo, chiedo. Di non sentire più lamenti sul cattivo funzionamento della magistratura, da parte di chi ha deciso di non recarsi ai seggi.
Alvise Lorenzo Sandi


Caro lettore,
le ragioni del gigantesco flop dei referendum sono numerose. Certamente la data prescelta non ha aiutato l'afflusso e certamente la quasi certezza che il quorum del 50% più uno non sarebbe mai stato raggiunto ha disincentivato anche gli incerti. Ma resto convinto che ad aver dissuaso gli elettori ad recarsi alle urne, più che il bel tempo, siano state la complessità dei quesiti e la difficoltà da parte di larghe fette dell'opinione pubblica nel comprendere in modo immediato gli effetti che un no o un sì avrebbero avuto.


Come la storia ci dimostra, i referendum abrogativi che hanno avuto maggior successo sono stati quelli che affrontavano temi anche fortemente divisivi ma di grande appeal popolare e dove era a tutti facilmente comprensibile cosa sarebbe accaduto e cosa sarebbe cambiato in caso di vittoria di un fronte o dell'altro. È francamente difficile sostenere che i referendum di domenica, per quanto affrontassero questioni di sicura importanza, avessero queste caratteristiche. C'è poi un problema da considerare: le norme che regolano i referendum abrogativi sono state pensate oltre 70 anni fa. Da allora i comportamenti sociali, quindi anche quelli elettorali, sono molto cambiati. Il quorum del 50% appare piuttosto anacronistico considerati i normali livelli di affluenza alle urne (ieri anche per le Comunali non si è andati molto oltre questa soglia). Probabilmente andrebbe rivisto. Per esempio si potrebbe alzare significativamente il numero di firme necessarie ( oggi è di 500mila) per proporre un referendum abrogativo. Ma poi cancellare ogni quorum o fissarlo a un livello molto basso (ad esempio il 25%). Del resto se il sindaco di una città al ballottaggio viene scelto dal 40% o anche meno degli elettori, nessuno ne mette in discussione la legittimità e il diritto a governare. Perché lo stesso principio non potrebbe valere anche per i referendum?
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Il Gazzettino