La solidarietà troppo spesso rischia di far rima con ipocrisia

La solidarietà troppo spesso rischia di far rima con ipocrisia
Egregio direttore, "diciamo no, non possiamo accettare sempre nuovi clandestini che si camuffano da rifugiati politici" a...

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Egregio direttore,

"diciamo no, non possiamo accettare sempre nuovi clandestini che si camuffano da rifugiati politici" a dirlo don Canuto Toso fondatore dell'associazione internazionale "Trevisani nel mondo". Che infinita tristezza! Una vita spesa per i migranti per arrivare a contraddire tutto. "Ho bussato e non mi avete aperto.." le sovviene don Canuto? O forse i migranti vanno ora distinti, secondo quelle orribili pratiche che tanto insanguinarono il mondo, per sesso, razza e religione? Io vengo da una famiglia di migranti - Canada, Argentina, Belgio- e le dico, don Canuto, che le sue parole sono state un vero pugno nello stomaco perchè, se per un laico sono una sciabolata alla propria intelligenza ancor prima che alla coscienza, per un cristiano sono un incredibile quanto incomprensibile harakiri ai propri valori e principi.

Vittore Trabucco



Treviso



Caro lettore,


quando discutiamo di principi è facile trovarsi tutti, o quasi, d'accordo. Del resto chi ammetterebbe di non essere solidale verso chi soffre? Chi non sottoscriverebbe l'evangelico "Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi"? Quando però dai principi si passa alla dura realtà, le cose, molto spesso, si complicano. Proprio ieri abbiamo pubblicato su queste pagine un rapporto da dove emerge che in Veneto il 60% delle persone denunciate o arrestate per delitti legati al business della droga è straniera. Nel resto d'Italia la percentuale è inferiore al 35%. Un dato inquietante su cui forse varrebbe la pena di riflettere. Perchè, forse, anche questi numeri qualche lacerazione, o almeno qualche interrogativo, nelle coscienze laiche e cristiane potrebbero provocarla. La verità è una sola: l'accoglienza generalizzata e generica non è e non può essere la risposta a flussi migratori sempre più imponenti. I problemi vanno affrontati nella loro drammatica concretezza, operando scelte anche dolorose che tengano conto non solo di chi arriva, ma anche di chi qua c'è già e non per questo ha meno diritti. Il messaggio evangelico, soprattutto quando ci misura con la sofferenza di uomini e donne, non va mai dimenticato. Ma bisogna evitare di scaricare sui ceti più deboli della nostre comunità i costi di una solidarietà che troppo spesso rischia di far rima con ipocrisia Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino