Cultura, la destra per essere diversa dalla sinistra non deve imporre una sua”egemonia” ma allargare gli spazi

Cultura, la destra per essere diversa dalla sinistra non deve imporre una sua”egemonia” ma allargare gli spazi
Caro direttore,  è vero che la cultura non tollera distinzioni tra destra e sinistra ed è patrimonio “plurale e trasversale” di tutti? Sì e...

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Caro direttore, 
è vero che la cultura non tollera distinzioni tra destra e sinistra ed è patrimonio “plurale e trasversale” di tutti? Sì e no. O meglio: secondo il pensiero unico dominante la cultura è “di tutti” se è approvata da quella pseudo èlite che ancor oggi tenta di monopolizzare la libertà di manifestazione del pensiero. Per cui sarebbe lecito impedire al ministro Roccella di parlare al salone del libro di Torino, raccogliere firme per allontanare Marcello Veneziani dal teatro Verdi di Padova, cacciare Fausto Biloslavo dalla sala conferenze a Trento... Si potrebbe continuare a lungo, enumerando le decine di autori non organici alla sinistra e, proprio per questo, ostracizzati per anni. Per questo riteniamo utile ed opportuno dare spazio anche a tutte queste voci: vogliamo sentir parlare di difesa della famiglia naturale, di dottrina sociale della chiesa, di identità culturale, meritocrazia, etica del lavoro, superamento del modello materialista imperante e della distorta visione libertaria del divertimento, incentrato su alcol, assunzione di sostanze e approccio immaturo e spesso traviato col sesso. Non è più la sinistra che decide di cosa è lecito discutere e su quali argomenti è utile confrontarsi. Come sindaco sono stato duramente contestato dall’opposizione perché ho proposto una serie di incontri dedicati alla cultura conservatrice e di destra: ribadisco che li faremo. A San Donà daremo la possibilità a tutti (anche a quelli controcorrente) di esprimere le proprie idee.


Alberto Teso
Sindaco di San Donà di Piave 


Caro lettore, caro sindaco,


il giudizio sul suo operato anche in campo culturale lo daranno ovviamente gli elettori. Ma non c’è dubbio che il principio di dare spazio a tutti e di ascoltare anche voci dissonanti rispetto a un pensiero prevalente, almeno in larga parte della comunicazione, sia non solo apprezzabile, ma vada incontro a una esigenza più diffusa di quanto si voglia far credere nell’opinione pubblica, come dimostra anche il successo del libro del generale Vannacci. Mi permetta solo di aggiungere che la parola cultura andrebbe però sempre associata a un’altra parola: dialogo. L’egemonia culturale fu la più efficace e moderna intuizione di Antonio Gramsci. In questi decenni la sinistra e, in particolare il Pci, l’hanno declinata e concretizzata, trasformandola in un elemento di forza politica e di “presa” culturale sulla società italiana che è andata ben oltre l’effettivo peso elettorale della sinistra. L’errore che la destra non deve fare - ed il rischio c’è - è quello di cercare di imporre un’altra egemonia, diversa e contrapposta, ma vittima degli stessi pregiudizi e della stessa chiusure. Occorre invece allargare gli spazi dialogo e di confronto, aprire tutte le finestre. Questo fa la differenza e di questo c’è bisogno. Le rivalse e le contrapposizioni sterili, invece, non portano a nulla. Se non ad alzare i decibel dei dibattiti tv e far la fortuna di chi, anche senza grandi titoli culturali, in questo gioco di urlatori controcorrente si trova particolarmente a proprio agio, a sinistra come a destra. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino