Quegli italiani invisibili che aspettano la cittadinanza

Quegli italiani invisibili che aspettano la cittadinanza
Caro direttore sono un lettore assiduo del sul giornale e vorrei raccontarle la mia storia. Sono un giovane ragazzo di 25 anni...

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Caro direttore
sono un lettore assiduo del sul giornale e vorrei raccontarle la mia storia.

Sono un giovane ragazzo di 25 anni nato in Marocco ma cresciuto in Italia. Sono cresciuto in questa splendida nazione che sento essere la mia terra e la terra che un domani sarà dei miei figli. La mia è la storia di un invisibile. Perché? Perché nonostante siano ben 23 anni che vivo, studio, lavoro e abbia una vita come quella di un qualsiasi mio coetaneo purtroppo non sono ancora riconosciuto come cittadino di questo Stato.
Per una semplice legge tanto anacronistica quanto fuori civiltà, i ragazzi come me -circa 1.200.000 che sono definiti “seconda generazione” ma che non sono secondi a nessuno- non hanno diritto ad essere cittadini italiani.
Siamo giovani italiani con passaporti stranieri costretti ad interminabili file per rinnovare un permesso di soggiorno. Italiani con la pelle scura, con occhi a mandorla, ma italiani, al 100%, che tifano la nazionale di calcio, al cous cous preferiscono la pizza e si sentono italiani come Marco, Luca, Francesco e Paolo. 
Mi chiamano straniero ma del mio paese d’origine non so niente e sono un extracomunitario in Italia. Perché? Non siamo diversi dai vostri figli. In fondo l’Italia siamo anche noi ragazzi e ragazze che questa terra la amano e la sentono come loro. 
Con molti amici nella mia stessa situazione siamo andati in diverse scuole della mia regione per sensibilizzare sul tema dei ragazzi senza cittadinanza e le assicuro che molti nostri coetanei sono molto più avanti di questa classe politica che continua a considerarci invisibili in questa società.
Lettera firmata

Caro lettore, anche a me sembra un’ingiustizia. E proprio per questo pubblico la sua lettera. Nella speranza che presto lei possa non sentirsi più un italiano invisibile. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino