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Egregio Direttore,
ho letto con incredulità che pochi giorni fa l’ imam di una importante moschea di Birmingham, durante il suo sermone ha spiegato ai fedeli come deve essere correttamente lapidata una donna condannata per adulterio: la buca deve essere sufficientemente profonda in modo da coprire bene la parte inferiore del corpo e le parti intime, così da difendere anche il loro spiccato senso del pudore..., poi si possono cominciare a lanciare le pietre...
Se se non ci fosse da mettersi le mani nei capelli per il totale fallimento delle politiche di integrazione nella nostra società occidentale ci sarebbe di che sorridere per tanta arretratezza.
Franco Gallo
Padova
Caro lettore,
no, almeno per quanto riguarda l’Italia, non mi risulta nessuna particolare reazione all’incredibile e orribile “lezione” dell’imam britannico. Neppure i soliti “indignati speciali”, sempre pronti a inondare il web e i media con le loro vibrate e vibranti proteste, questa volta non hanno fatto sentire la loro voce: evidentemente non hanno ritenuto il caso degno della loro attenzione. Prendersela con un imam deve essere poco trendy, meglio occuparsi d’altro. Eppure questo generale silenzio intorno alle rivoltanti parole pronunciate dall’esponente religioso islamico credo sia un segnale preoccupante. Non perché penso che esso nasconda o mascheri una qualche forma di consenso verso l’imam britannico. Ma perché dietro quel vuoto si leggono due atteggiamenti comunque discutibili e sbagliati: una sorta di assuefazione nei confronti di comportamenti orribili, che meriterebbe censure severe e totali, ed un errato concetto di tolleranza. Il rispetto per culture e religioni diverse non può essere assoluto e incondizionato. C’è un confine che non può e non deve essere superato. E aldilà del quale vale il cosiddetto paradosso della tolleranza coniato dal filosofo Karl Popper: “In nome della tolleranza dovremmo proclamare il diritto di non tollerare gli intolleranti”. Ecco: di fronte alle oscene parole di quell’imam, e alla cultura che le ha prodotte, noi abbiamo il diritto e anche il dovere di dire no. E di essere (civilmente) intolleranti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino