​Quel bambino-kamikaze assurda vittima del fanatismo

​Quel bambino-kamikaze assurda vittima del fanatismo
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Caro direttore,

in questi giorni il volto di Ismail, il bimbo trafugato dal califfato dell'Isis, è apparso ripetutamente nei giornali. Anche se non fosse proprio lui, si tratta sempre di un bambino. Fissando il suo volto, svaniscono infiniti articoli di giornali, montagne di parole, interminabili diatribe e talk-show. Dietro a un volto vi è spesso una storia violenta, un destino spezzato e non voluto. Specie se è quello di un bambino. L'altra sera, seguendo una trasmissione televisiva, ho visto il volto rigato di lagrime di Lidia Herrera, la madre di Ismail. Si era al centro di una infuocata discussione sulle violenze dell'Islam e del mondo occidentale. Nessun armistizio sembrava possibile, le posizioni erano irrimediabilmente inconciliabili. Eppure, a un certo punto, mi è sembrato di notare un'inaspettata calma, quasi un silenzio imposto da una forza che sfuggiva alla volontà dei presenti. Miracolo, forse, del volto bagnato di lagrime di Lidia Herrera? Di fronte a tante guerre, ad una violenza gratuita e insensata, un volto, ma anche una storia vissuta, possono accendere un filo di speranza, un desiderio di conciliazione e di vera com-passione.




Luigi Floriani

Conegliano (Tv)




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Caro lettore,


l'immagine del (presunto) piccolo Ismail bardato come un guerriero-kamikaze è una fotografia-simbolo dell'umana insensatezza e degli abissi in cui il fanatismo può condurre. E' un'immagine che contrasta profondamente con il Natale e con il messaggio di pace e di rinascita che, per i credenti ma anche per molti non credenti, quel bambino nato a Betlemme porta con sé. Qui purtroppo abbiamo un altro bambino, vittima delle follie degli adulti e nei cui occhi, persi e tristi, è difficile scorgere barlumi di speranza mentre intorno a lui dominano i segni terribili della guerra e della morte. La storia di Ismail, nella sua assurda realtà, serve a far riflettere e meditare. Ma in tutta sincerità avremmo preferito non doverla raccontare e non dover pubblicare quelle immagini. Speriamo solo che tutto ciò possa almeno servire a far ritornare Ismail nelle braccia della madre, chiunque essa sia e dovunque essa sia. Sarebbe, questa sì, una notizia positiva con cui concludere questo 2014 o segnare l'inizio del 2015. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino