Risposta a un lettore che parla a sproposito di censura e di democrazia. Ma ignora il rispetto e l'umana pietà

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Egregio direttore,
voi pubblicate solo ciò che vi fa comodo e per questo motivo non avete pubblicato la mia lettera dell'8 gennaio scorso. Molto male. Questa non è democrazia. Con l'Ucraina siamo agli ordini di Zelensky supportato da Biden e continuiamo a spedire armi.


Giovanni Bertazza
Padova


Caro lettore,


noi siamo liberi di pubblicare ciò che riteniamo opportuno e degno di considerazione. Democrazia non significa dare libero sfogo e spazio a ogni suggestione o ad ogni pensiero dal sen sfuggito. Chiunque segue questa rubrica sa che ospitiamo punti di vista anche molti diversi e che in tanti casi non coincidono affatto con le nostre opinioni. Tutto ciò però deve accadere nel rispetto reciproco di alcune fondamentali regole di civiltà. Lei l'8 gennaio ci aveva scritto criticando aspramente il fatto che in un titolo di prima pagina avessimo definito Eroi alcuni militari italiani morti per l'abbattimento di un elicottero (un altro riuscì invece a salvarsi) da parte dei Mig dell'Aeronautica jugoslava nei Balcani il 7 gennaio del 1992. A tutti gli effetti un crimine di guerra, come ha certificato anche una sentenza internazionale, poiché l'elicottero colpito stava sorvolando l'area non con intenti bellici, ma per controllare che fosse osservato il cessate il fuoco stabilito alla fine del 1991 e sul velivolo campeggiavano con chiarezza le insegne europee dell'operazione di pace. Ma questo non impedì che finisse nel mirino dei missili aria-aria dei caccia serbi. Morirono in 5, quattro di loro erano effettivi del Quinto reggimento di Casarsa della Delizia (Pordenone). Questi sono i fatti. Ora, lei è libero di non considerare Eroi questi militari caduti in un'operazione di pace. Non ha invece il diritto, almeno non sulle pagine di questo giornale, di usare nei loro confronti espressioni offensive e volgari (la più gentile era mercenari), come quelle che erano contenute nella sua lettera. Può non condividere la loro scelta, può non pensare che abbiano servito da eroi la Patria e la causa della pace. Ma di fronte al loro sacrificio e alla loro morte, faccia almeno ricorso a quella quota di umana pietas che ogni uomo, degno di questo nome, dovrebbe possedere. E rifletta prima di usare parole importanti come libertà e democrazia. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino