Il dramma di una lavoratrice in attesa della cassa integrazione e le vuote risposte dell'Inps

Il dramma di una lavoratrice in attesa della cassa integrazione e le vuote risposte dell'Inps
Egregio Direttore, sono una parrucchiera con contratto in scadenza al 30 di maggio, e il titolare mi ha comunicato che a tale data finisce il rapporto di lavoro a causa del Covid...

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Egregio Direttore,
sono una parrucchiera con contratto in scadenza al 30 di maggio, e il titolare mi ha comunicato che a tale data finisce il rapporto di lavoro a causa del Covid 19. Da marzo alla data odierna ancora non ho ancora la cassa integrazione e sono monoreddito. Ho chiesto all'Inps come mai e vi allego sia la domanda che la risposta datami, un vero schifo. Roba da arrampicarsi sul santuario di S. Antonio e protestare.

Katia Serra
Padova


Cara lettrice,
evito di riportare per intero il suo scambio di mail con l'Inps. È solo l'ennesima dimostrazione di come la burocrazia sappia essere crudele e spietata quando ritiene di essere dalla parte della ragione e quanto sia invece capace di essere indisponente e persino insolente nei confronti del cittadino, quando non è in grado di dare risposte.
A lei che si rivolge all'Inps facendo presente la sua difficilissima situazione e segnalando il mancato pagamento della cassa integrazione di cui ha diritto, l'unica risposta che l'Istituto riesce a darle è la conferma che, in effetti, «non è stato disposto alcun importo a Suo favore». Questo però, purtroppo, lei lo sapeva già. Forse, se ha scritto è perché voleva sapere, per esempio, una data entro la quale, ragionevolmente, poteva immaginare di potere incassare in parte o in tutto, quello che le è dovuto. Nulla di tutto ciò, invece.
In compenso l'Inps le ha voluto ricordare che «può consultare l'elenco dei pagamenti disposti accedendo con codice Pin, Spid o Cns al Fascicolo previdenziale del cittadino» sul sito dell'Istituto. Punto. Ora, il mancato versamento della cassa integrazione è uno dei problemi più gravi e drammatici emersi in questa gestione della crisi economica generata dal coronavirus. Mentre il Paese affronta la Fase 2, migliaia di cittadini sono in realtà rimasti fermi alla Fase zero, nel senso che sono restati senza lavoro e anche senza la prevista e promessa cassa integrazione.
Il governo si è ora impegnato a velocizzare le pratiche e a garantire ai lavoratori l'erogazione diretta e immediata di almeno il 40% di quanto dovuto. Ma si calcola che in Italia, ad oggi, solo 3-4 degli aventi diritto su 10 abbia incassato la cassa integrazione. Particolarmente grave è il problema per i dipendenti delle imprese più piccole, quelle cioè con meno di 5 lavoratori. Sulla responsabilità di questa situazione si è giocato come al solito allo scaricabarile: l'Inps ha cercato di accusare le Regioni, che hanno rispedito le accuse al mittente.

Resta il fatto che a una lavoratrice disoccupata, che dopo due mesi chiede notizie sul proprio assegno di cassa integrazione, l'Inps, se non è in grado di versare ciò che deve, avrebbe perlomeno il dovere di fornire qualche informazione in più. Non limitarsi ad una risposta laconica e inutile come quella che ha inviato a lei. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino