Squalificato chi ha contestato l'insulto razzista: nel mondo del calcio c'è ancora colpevole superficialità

Squalificato chi ha contestato l'insulto razzista: nel mondo del calcio c'è ancora colpevole superficialità
Egregio direttore, l'ultimo episodio avvenuto a Cison di Valmarino tra due squadre dilettantistiche, dimostra la scarsa sensibilità tenuta dagli organi decisionali....

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Egregio direttore,
l'ultimo episodio avvenuto a Cison di Valmarino tra due squadre dilettantistiche, dimostra la scarsa sensibilità tenuta dagli organi decisionali. Contro ogni lampante evenienza si è penalizzato chi ha avuto il coraggio di prendere delle decisioni immediate per contribuire ad arginare almeno nel mondo dello sport il problema razzismo che evidentemente esiste ed ogni tanto si ripropone. I vertici della federazione dilettantistica bastava che leggessero l'articolo presentato dal vostro giornale ed avrebbero avuto i riscontri che cercavano specialmente nel soggetto che si è auto denunciato. Fare una distinzione tra cori e singola esclamazione offensiva trova il tempo che trova perchè sempre di offesa si tratta. Come al solito si predica bene ma si razzola male.


R.G.
Padova


Caro lettore,


quella decisione mi sembra la prova più evidente che nel mondo del calcio e dello sport in generale c'è ancora, nei confronti del razzismo, molta ipocrisia e una colpevole superficialità. Com'era già successo in passato, le regole sono state burocraticamente usate per far prevalere la forma sulla sostanza. In modo tartufesco e facendo valere il regolamento si è punita solo la squadra che, su iniziativa del suo capitano, è uscita dal campo per protesta dopo l'insulto a un giocatore di colore, chiudendo di fatto gli occhi su tutto il resto. In questo modo si è archiviata la pratica, evitando di fare i conti con un problema, quello del razzismo, che è reale e meriterebbe ben altra sensibilità e attenzione dagli organi dirigenti del calcio, soprattutto a livello dilettantistico. Le motivazioni con cui si è voluto mettere la parola fine sul caso sono forse formalmente corrette, ma chi le ha formulate non ha tenuto conto del pessimo e diseducativo messaggio che quelle decisioni portano con sé. Perché anche se quello di Cison di Valmarino è stato di un episodio circoscritto, che ha visto come protagonista un solo spettatore, quella sentenza lascia intendere almeno due cose, entrambe gravi. Che in un campo di calcio chi assiste a una partita è d'ora in avanti autorizzato a insultare, seppur singolarmente, i giocatori di colore chiamandoli negroni o in altro modo a lui gradito, senza che questo abbia alcuna conseguenza. E i compagni di squadra del giocatore insultato si guardino bene dal reagire o dal contestare l'arbitro se non interviene, non si accorge di ciò che è accaduto o fa finta di niente. Men che meno abbiano l'ardire di interrompere la partita: ne pagheranno le conseguenze. Proprio un bel segnale. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino