Il figlio bamboccione è ancora a casa: «Hai 30 anni, vai via». I genitori gli fanno causa e vincono

Il figlio bamboccione è ancora a casa: «Hai 30 anni, vai via». I genitori gli fanno causa e vincono
Di lasciare la casa dei genitori proprio non aveva nessuna intenzione: nonostante i 30 anni, nonostante la sua condizione di «bamboccione», per riprendere una...

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Di lasciare la casa dei genitori proprio non aveva nessuna intenzione: nonostante i 30 anni, nonostante la sua condizione di «bamboccione», per riprendere una definizione di qualche anno fa che fece discutere. Gli piaceva troppo essere servito e riverito da mamma e papà, ma questi ultimi non erano d'accordo: così lo hanno portato in tribunale, nello Stato di New York, e hanno anche avuto ragione.


È successo a Syracuse e i protagonisti si chiamano Mark e Christina Rotondo (i genitori) e Michael (il figlio): il giudice della Corte Suprema ha ordinato al giovane di andar via da casa, dopo che Mark e Christina si erano detti furibondi per il figlio fannullone, che gravava sulle loro spalle senza cercarsi un lavoro e senza collaborare in casa. «Ti voglio fuori», ha ordinato il magistrato, Donald Greenwood. Il giovane, da parte sua, ha definito il provvedimento «oltraggioso» annunciando che farà ricorso contro la decisione: «Non vedo perché non possiamo semplicemente aspettare un po' prima che me ne vada», ha detto.



Dai coniugi sono partite addirittura delle lettere di avvertimento al figlio, ben cinque dall'inizio di febbraio, in cui gli si chiedeva - non senza dargli tempo - di andare via. «Devi lasciare immediatamente questa casa. Hai due settimane, e non ti sarà permesso di tornare», avevano scritto, promettendo di intraprendere «tutte le azioni necessarie per far rispettare questa decisione». E infatti, poco dopo hanno assunto un avvocato, dandogli anche 1.100 dollari come aiuto a trovare un'abitazione: lui li ha intascati, ma non si è mai mosso.


«Ci sono posti disponibili anche per coloro con una pessima storia lavorativa, come te», hanno scritto, ordinandogli di trovare un lavoro e consigliandogli, se gli serviva più denaro, di vendere gli oggetti di valore che possedeva. Lui, però, in una mozione ha detto che essendo un membro della famiglia non può essere sfrattato. E ha anche sostenuto che comunque gli è dovuto un preavviso di sei mesi. Il giudice Greenwood non è stato tuttavia d'accordo: «Sto concedendo lo sfratto», ha detto e, ha aggiunto, «penso che l'avviso sia sufficiente».
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Il Gazzettino