Secondo gli autori di uno studio apparso su The Lancet una morte su 5 a livello globale è riconducibile a un'alimentazione scorretta - povera di cibi amici come i...
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Afshin, che già 2 anni fa ha firmato un report mondiale sull'obesità, precisa che il nuovo lavoro si è concentrato sui legami fra alimentazione e patologie croniche come malattie cardiovascolari e diabete, indipendentemente dall'associazione tra queste condizioni e l'eccesso patologico di peso. Emerge che un regime alimentare sbagliato è stato responsabile nel 2017 di 10,9 milioni di morti (contro gli 8 mln di decessi associati al tabacco e i 10,4 mln da ipertensione), pari al 22% delle morti registrate fra gli adulti. Prima causa le malattie cardiovascolari, seguite da tumori e diabete. Non solo: una dieta scorretta è risultata complessivamente responsabile di 255 milioni di anni persi per morte prematura determinata da una patologia o perché vissuti con disabilità (Dalys). «La cattiva alimentazione è un killer 'attentò alle pari opportunità», sottolinea Afshin: «Tutti noi siamo quello che mangiamo - avverte - e il rischio riguarda trasversalmente persone diverse per età, sesso e status economico».
Oltre che ai singoli, l'appello dello scienziato è rivolto anche alle Istituzioni («Le politiche dietetiche focalizzate sulla promozione di una dieta sana - dice - possono ottenere più benefici rispetto a quelle che si concentrano sulla lotta ai cibi a rischio») e al mondo dell'industria: «C'è un bisogno urgente e impellente di cambiamenti a vari stadi del ciclo di produzione alimentare - ammonisce il ricercatore - dalla coltivazione alla lavorazione, dall'imballaggio al marketing». Più nel dettaglio, secondo lo studio, nel 2017 le malattie cardiovascolari sono state la prima causa di morte correlata a una dieta sbagliata (circa 9,5 milioni di decessi) e di Dalys (207,2 mln), seguite da cancro (oltre 900 mila morti e 20,2 mln di Dalys), diabete (più di 330 mila decessi e 23,7 mln di Dalys) e patologie renali (oltre 130 mila morti e 3,4 mln di Dalys). Tra i 20 Paesi più popolosi del pianeta, nell'anno in esame è stato l'Egitto a riportare il più alto tasso di decessi legati all'alimentazione e il numero maggiore di Dalys, mentre all'estremo opposto c'è il Giappone.
Benché, sempre stando all'analisi, l'effetto dei singoli fattori dietetici sia variabile da un Paese all'altro, ci sono 3 abitudini che 'copronò più della metà dei decessi associati a una cattiva alimentazione e 2 terzi (66%) dei Dalys: basso apporto di cereali integrali, poca frutta, alto consumo di sodio. L'altra metà delle morti e il 34% dei Dalys vengono invece ricondotti a un elevato consumo di carne rossa, carni lavorate, bibite zuccherate e acidi grassi trans. In altre parole, commenta Afshin, «stiamo evidenziando che 'pesà di più mangiare pochi cibi sani che consumarne tanti malsani». Ed è proprio basandosi su questo elemento che l'esperto ritiene politicamente più vantaggioso promuovere l'assunzione di ingredienti alleati, rispetto al demonizzare i prodotti più insidiosi. «L'adozione di diete che privilegiano cibi a base di soia, fagioli e altre fonti di proteine vegetali potranno avere importanti benefici per la salute sia umana sia dell'ambiente», sostiene Walter Willett, docente di Harvard e co-autore del nuovo lavoro.
«Mentre sale, zuccheri e grassi sono stati al centro del dibattito sulle politiche alimentari negli ultimi anni», osservano gli studiosi, l'analisi indica che i fattori dietetici più a rischio di morte sono sì «un alto apporto di sodio», ma anche un basso consumo di cereali integrali, frutta, verdura, noci e semi. «Ognuno di questi elementi spiega oltre il 2% di tutti i decessi a livello globale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino