Agricoltura, un quarto dei raccolti a rischio se il settore non si adatta al clima

Agricoltura, un quarto dei raccolti a rischio se il settore non si adatta al clima
L'agricoltura deve adattarsi ai cambiamenti climatici, altrimenti rischia di perdere un quarto dei raccolti globali. Lo dice uno studio pubblicato nel Journal of Environmental...

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L'agricoltura deve adattarsi ai cambiamenti climatici, altrimenti rischia di perdere un quarto dei raccolti globali. Lo dice uno studio pubblicato nel Journal of Environmental Economics and Management: in uno scenario di riscaldamento globale spinto, se gli agricoltori non saranno in grado di adottare strategie di adattamento migliori di quelle adottate finora, i raccolti globali si potrebbero ridurre del 10% entro la metà del secolo e del 25% entro la fine del secolo. Per arrivare a queste stime, e comprendere come la produttività dei raccolti potrebbe cambiare in risposta ai cambiamenti dei modelli meteorologici indotti dal clima che cambia, un team di ricercatori della Boston University, dell'Università Cà Foscari Venezia e della Fondazione Cmcc - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici ha accoppiato modelli statistici calibrati sui dati del passato con previsioni delle temperature e delle precipitazioni future provenienti da 21 simulazioni di modelli climatici globali ad alta risoluzione.

«A livello globale, la capacità di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici degli agricoltori, anche nel lungo termine, potrebbe essere limitata - spiega Ian Sue Wing della Boston University, primo autore dello studio - Negli Stati Uniti, all'avanguardia nello sviluppo di tecnologie agricole a livello mondiale, gli agricoltori sono stati in grado di compensare solo in parte gli impatti negativi degli eventi di calore estremo sulle rese di mais e soia su archi temporali di decenni».

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La domanda posta dalla ricerca è: gli agricoltori hanno effettivamente realizzato questo potenziale? «Sorprendentemente, su scala globale e nella maggior parte delle regioni del mondo, la risposta è no - afferma la De Cian - I nostri risultati hanno mostrato che gli impatti negativi di giornate estremamente calde o secche sulla produttività delle colture da cui ricaviamo calorie alimentari sono persistiti per decenni, in linea con i risultati ottenuti precedentemente per gli Stati Uniti. Peggio ancora, questi effetti negativi di lungo termine sono risultati a volte maggiori degli impatti sulla resa agricola che si verificano a causa di shock meteorologici transitori». «Ne deriva che l'approvvigionamento calorico mondiale è soggetto a una continua o addirittura crescente vulnerabilità ai cambiamenti climatici - conclude Ian Sue Wing - Il prossimo passo, a partire da questi risultati, è ora per noi quello di approfondire come gli investimenti in tecniche di irrigazione e lo spostamento geografico delle coltivazioni possano aiutare a compensare gli impatti avversi dei cambiamenti climatici».

 

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Il Gazzettino