«Mia mamma malata terminale, solamente un numero in un letto»

«Mia mamma malata terminale, solamente un numero in un letto»
Buongiorno Direttore, la presente per denunciare il trattamento che recentemente ha ricevuto mia mamma dagli infermieri del reparto di Medicina 3 del rinomato Ospedale...

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Buongiorno Direttore,
la presente per denunciare il trattamento che recentemente ha ricevuto mia mamma dagli infermieri del reparto di Medicina 3 del rinomato Ospedale dell’Angelo.

E’ stata ricoverata a seguito di “avvelenamento” da chemioterapia (I.O.V. di Padova) e da progressione di malattia, in una stanza singola in “isolamento protettivo” in quanto aveva le difese immunitarie bassissime.
Avevo capito, vista la gravità della situazione, che fosse controllata frequentemente, ma non è stato così.
Le prime due notti le ha trascorse da sola, nel vero senso della parola, in quanto non ha mai visto nessun infermiere.
La prima notte ha chiamato tanto per avere un po’ d’acqua, ma nessuno si è scomodato per andare a vedere cosa volesse.
Il mattino dopo la seconda notte (alle 8:45 circa) l’ho trovata in un bagno di sangue in quanto nel tentativo di raggiungere la bottiglietta d’acqua si è staccata la farfalla dal braccio.
Dopo questi episodi mi è stato consigliato che forse sarebbe stato meglio assisterla anche di notte.
Il giorno in cui è mancata sono rimasta con lei dalle 7 di mattina fino alle 18:30 di sera. In queste 11 ore ha ricevuto la visita del dottore alle 9:30 e di un’infermiera alle 17:30.
Solo un’infermiera, credo di origine est-europea, le ha dimostrato un po’ di compassione e l’ha trattata come una persona.
Per tutti gli altri era un numero su di un letto, che li obbligava ad indossare mascherina, guanti e camice.
In particolare un infermiere dai capelli ricci e bianco grigi, dimostrava un vero e proprio disprezzo e menefreghismo per un lavoro che, penso, nessuno lo abbia obbligato ad intraprendere.

Questa freddezza e indifferenza alle sofferenze altrui mi ha reso e mi rende molto triste poiché penso a come questi poveri ammalati, che si trovano in un ambiente sconosciuto, fiduciosi magari in una medicina che li faccia guarire, bisognosi anche di un po’ di calore umano, si trovino in piena solitudine a dover lottare contro malattie che a volte, purtroppo, vincono sulla vita.
Monica Riccato Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino