MESTRE - “Le ingiustizie da sanare ancora largamente esistenti in tema di trattamento delle Vittime dimostrano che il nostro lavoro, purtroppo, serve ancora, serve sempre,...
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“Un’atto di giustizia per una Famiglia che fin qui non ha avuto quanto gli sarebbe spettato – aggiunge Schio -. Una notizia per cui esprimiamo grande soddisfazione, soprattutto per la sua specifica valenza di attribuzione del corretto status alle Vittime, che si inserisce nel più vasto ambito delle numerose battaglie legali che stiamo portando avanti per l’adeguamento dei vitalizi. Una vera e propria crociata, condotta grazie all’impareggiabile professionalità dell’avvocato Elefante, finalizzata ad ottenere per tutte le Vittime del Dovere il riconoscimento del nuovo importo dell’assegno vitalizio che, a fronte dei 258 euro previsti nella legge istitutiva del contributo, la 407 del 98’, nel 2003 è stato aumentato a circa il doppio, e precisamente a 500 euro mensili. Eppure, incredibilmente la previsione non viene applicata, tanto che dopo oltre 13 anni i vitalizi sono ‘bloccati’ e Fervicredo si è quindi fatta carico di promuovere decine e decine di cause davanti al Tribunale del lavoro in tutta Italia perché i nostri iscritti ottenessero, finalmente e doverosamente, l’adeguamento del loro assegno vitalizio. Vinciamo queste cause una dopo l’altra, a decine, e aspettiamo che al più presto sia previsto ex lege l’adeguamento dell’assegno vitalizio alla misura prevista nel 2003”. “Oggi una pronuncia di tipo diverso – conclude Schio -, che assicura ai Familiari di una Vittima di mafia il trattamento dovuto a causa di tale status finora non riconosciuto. Ma, come ripetiamo sempre, le Vittime della violenza o degli incidenti che hanno donato la vita e la salute nell’interesse dello Stato e dei cittadini meritano uguale e doverosa attenzione, indipendentemente dalla qualifica formale che si voglia attribuire alle drammatiche cause che stanno alla base del loro dramma. E’ il minimo che si possa fare per chi ci ha donato tutto, e non dovrebbe essere tollerato che per ottenere quel minimo segno di solidarietà si debba combattere fin dentro alle aule di un tribunale”. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino