Si fa presto a dire fascista, ma la censura preventiva alla ministra Roccella è un'altra negazione delle libertà

Si fa presto a dire fascista, ma la censura preventiva alla ministra Roccella è un'altra negazione delle libertà
Egregio direttore, credo che il fascismo non possa essere derubricato come un'etichetta da poter applicare a qualsivoglia...

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Egregio direttore,


credo che il fascismo non possa essere derubricato come un'etichetta da poter applicare a qualsivoglia avversario politico a seconda dei propri interessi. Penso con orrore alle manganellate e l'olio di ricino, rifilato dalle squadracce fasciste agli avversari, per non parlare dei libri bruciati nelle pubbliche piazze, perché non graditi al regime. Al ministro Roccella in pratica è stata usata una deriva di quelle forme. Lei nel presentare il suo libro non aveva ancora proferito nessun verbo e se proprio vogliamo qualificare quella situazione, da donna impegnata, con quel libro intendeva dichiarare una sua idea, sbagliata o giusta che fosse, ma le è stato proibito: proprio come quando i libri si bruciavano, per quanto mi riguarda questo è fascismo.
Da figlio di un vecchio socialista ormai scomparso, aborro questi comportamenti, altro che libera contestazione democratica.
Ugo Doci
Mestre


Caro lettore,


sono d'accordo: è sbagliato, non solo dal punto di vista storico ma anche sostanziale, definire fascista la violenta contestazione messa in atto contro Eugenia Roccella. Certamente coloro che hanno impedito all'esponente del governo Meloni di parlare hanno dato prova di intolleranza e di profonda insofferenza verso il dissenso. Hanno fatto tacere con la violenza e imposto la censura a una persona che ha l'insostenibile colpa, ai loro occhi, di appartenere a un'altra area politica e di pensarla diversamente da loro. Hanno, anche se solo metaforicamente, messo al rogo un libro per la sola ragione che portava la firma della ministra Roccella, una loro nemica politica. Non ci sono dubbi che questi comportamenti, intrisi di violenza e di cultura anti-democratica, facessero parte anche del dna del fascismo. Una ideologia di morte, di negazione delle libertà e dell'individuo. Ma non erano e non sono purtroppo un'esclusiva dei fascisti. L'intolleranza e la violenza politica hanno tanti volti e, come purtroppo ci ha insegnato la storia recente del nostro Paese, anche diversi colori politici. Per questo etichettare come fascista ogni forma di prevaricazione politica è sbrigativo e riduttivo. Con un aggettivo e un'etichetta si cerca di dare una comoda e definitiva spiegazione a un'azione violenta e di sopraffazione. Ma è una chiave di lettura riduttiva sul piano storico e semplicistica su quello politico. E viziata anche dalla cattiva coscienza. Quella di chi, di fronte a una vicenda come quella della contestazione al Salone del libro di Torino, preferisce non interrogarsi fino sulle ragioni profonde di quell'atto di intolleranza e sull'identità di chi lo ha commesso. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino