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Michele Misseri ha già iniziato il conto alla rovescia verso la libertà, spuntando i giorni nella sua cella del carcere di Lecce. Sta per scoccare, infatti, il "fine pena" per il contraddittorio protagonista del caso dell'omicidio della nipote 15enne Sarah Scazzi, uccisa nell'estate del 2010 ad Avetrana. In cella a Taranto, invece, resteranno sua moglie Cosima Serrano e sua figlia Sabrina, condannate all'ergastolo perché ritenute le carnefici di Sarah. Zio Michele, nonostante continui a ribadire di essere lui l'unico assassino, finirà tra poco più di un mese di scontare la condanna a otto anni per soppressione di cadavere, una volta che la pena sarà scorciata dall'ultima riduzione per buona condotta accordata al "detenuto modello" Misseri e dagli abbuoni derivanti dalla norma "svuota carceri". A far di conto più di 400 giorni che hanno tagliato di oltre un anno la detenzione che doveva concludersi nel 2025.
In libertà prima di fine di febbraio
«Tornerà in libertà prima di fine di febbraio», conferma l'avvocato Luca Latanza, il difensore del contadino. Misseri, quindi, a marzo trascorrerà da uomo libero il suo settantesimo compleanno. Aveva 56 anni quando in una piovigginosa serata di ottobre, segnata da rimorsi e mezze verità, confessò al pm Mariano Buccoliero di aver molestato e assassinato la nipote e di aver nascosto il cadavere in una cisterna interrata di contrada Mosca, nelle campagne di Avetrana, cittadina di seimila anime, ultimo centro abitato della provincia di Taranto prima di incamminarsi nel Salento. Al magistrato raccontò di aver deciso di parlare perché aveva sognato Sarah. La nipote, cresciuta nella sua casa come una sorellina per le sue figlie, gli aveva detto di sentire freddo nel pozzo in cui lui l'aveva sprofondata dopo il delitto.
Il mistero
Quella confessione squarciò il velo di mistero che per oltre 40 giorni aveva avvolto il triste destino di Sarah, scomparsa nel nulla in un torrido pomeriggio di agosto. Il viso sorridente di quello scricciolo biondo diventò familiare agli italiani che si appassionarono al giallo e seguirono quotidianamente le ricerche di carabinieri e volontari. La ragazzina quel 26 agosto del 2010, intorno alle 14, stava andando a casa Misseri. Per raggiungere la villetta di via Deledda, destinata a diventare famosa grazie alle telecamere e al plastico di "Porta a Porta", Sarah doveva percorrere solo 500 metri, attraversando poche strade deserte. Poi avrebbe incontrato la cugina Sabrina per andare al mare. In quel tragitto venne ingoiata da un enigma che proprio zio Michele svelò in quel drammatico interrogatorio.
Cosa disse
Spiegò di aver strangolato la ragazzina dopo un approccio respinto e dopo aver avvertito un forte calore alla testa.
L'assassino
Il rimorso, però, lo avrebbe divorato al punto di sognare la nipote. E così decise che doveva fare qualcosa per far saltare fuori la verità. Prima tentò di mettere gli investigatori sulla pista giusta simulando di aver trovato in campagna il cellulare di Sarah, che proprio lui aveva conservato dopo aver nascosto il cadavere. Poi confessò, dando il via ad una serie di aggiustamenti e ritrattazioni che gli hanno fatto guadagnare l'appellativo di "uomo delle cento verità". Da anni oramai, zio Michele continua a ribadire di essere lui l'assassino di Sarah e che all'ergastolo ci sono due innocenti. «Ripete sempre di essere l'unico responsabile», dice l'avvocato Latanza. C'è da giurare, quindi, che Misseri insisterà anche da uomo libero su questa linea, così come la figlia Sabrina e la moglie Cosima da sempre sostengono di essere in carcere senza aver fatto nulla. Su entrambe, però, resta la condanna all'ergastolo. E la coppia da 14 anni a questa parte non ha messo il naso fuori dal carcere, neanche per godere di un permesso. Discorso diverso per Michele che ora conta i giorni che lo separano dalla libertà. Mentre di notte, forse, a tormentare i suoi sogni c'è ancora il volto della piccola Sarah. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino