Caso Yara, Bossetti uccise dopo avances sessuali respinte: per i giudici «ha animo malvagio»

"Un omicidio di inaudita gravita'". Con un movente chiaro: per i giudici della Corte d'Assise di Bergamo, che hanno condannato all'ergastolo Massimo...

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"Un omicidio di inaudita gravita'". Con un movente chiaro: per i giudici della Corte d'Assise di Bergamo, che hanno condannato all'ergastolo Massimo Bossetti, l'aggresione e il massacro di Yara Gambirasio è «maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora. L'aggravente della sevizia e crudeltà "disvela l'animo malvagio" dell'imputato: "Le sevizie in termini oggettivi e prevalentemente fisici, la crudeltà in termini soggettivi e morali di appagamento dell'istinto di arrecare dolore e di assenza di sentimenti di compassione e pietà". 


DNA DECISIVO 
Il carnefice Massimo Bossetti, sadico e violento, contro un'adolescente di tredici anni, minuta e storidita con tre colpi alla testa. Il ritratto di Yara dipinto dai giudici e' quello di una ragazzina candida, "solare ed estroversa". Il cuore del suo piccolo mondo era rappresentato dalla palestra di Brembate, dove si allenava con la squadra di ginnastica ritmica, e la scuola Maria Regina di Bergamo. "Non possedeva uno smartphone, non chattava, su internet faceva ricerche scolastiche, guardava quelche serie tv per adolescenti", si legge nelle motivazioni della condanna all'ergastolo. La sua presentazione ai compagni di terza media e' quella di ragazza semplice, senza grilli per la testa: "Adoro vestir i alla moda anche se i miei vestiti non lo sono.

Il mio attore preferito e' Jonny Depp, la mia cantante preferita Laura Pausini. Adoro la pizza, le patatine, le caramelle. Il mio sogno e' viaggiare". Un sogno che si e' spezzato la sera del26 novembre 2010, quando uscendo dal centro sportivo di Brembate ha trovato sulla sua strada Massimo Bossetti. A incastrare Il muratore di Mapello, scrivono i giudici, e' il dna isolato sui vestiti di Yara. "E' la presenza del profilo genetico dell'imputato a provare la sua colpevolezza: tale dato, privo di qualsiasi ambiguita' e insuscettibile di lettura alternativa, non e' smentito ne' posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto e anzi e' indirettamente confermato da elementi ulteriori". 

I TAGLI SUL CORPO 

Quando il carpentiere ha fatto salire la ragazzina "sul proprio mezzo, l'ha condotta in ora serale in un luogo isolato, dal quale sarebbe stato impossibile fuggire e nel quale la possibilita' che soggetti terzi potessero intervenire in suo ausilio erano praticamente inestistenti". E l'omicidio non e' stato un raptus. "Ha operato sul corpo della vittima per un apprezzabile lasso temporale, girandolo, alzando i vestiti e tracciando, mentre la ragazza era ancora in vita, dei tagli lineari e in parte simmetrici, idonei a causare sanguinamento e dolore ma non l'immediato decesso. Dopodiche' ha lasciato la vittima ad agonizzare in un campo isolato e dove e' stata trovata tre mesi dopo".  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino