«Matias tradito, adorava il papà che l’ha ucciso», l’amica della madre: «Mirko è un violento»

VETRALLA (Viterbo) Aveva cercato scampo in quella solidarietà forte del coraggio che solo le donne riescono a esprimere. Sapeva che quell’amica più giovane...

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VETRALLA (Viterbo) Aveva cercato scampo in quella solidarietà forte del coraggio che solo le donne riescono a esprimere. Sapeva che quell’amica più giovane aveva dovuto combattere con l’ira cieca di un altro uomo violento nella sua famiglia, così la scorsa estate Marjola ha bussato alla sua porta: «Che devo fare, aiutami».

La donna era terrorizzata da quelle terribili minacce che il compagno, Mirko Tomkov, polacco 44 anni, continuava a rivolgerle quasi ogni giorno a Vetralla: «Ti ammazzo, ti brucio con la benzina». Ma forse non era nemmeno arrivata a immaginare che quelle parole sarebbero diventate il presagio di morte per il suo bambino, il piccolo Matias, 10 anni, un angioletto ignaro.

«Lui era un bimbo ingenuo e pacioccone, giocava con il suo trenino buono buono e le macchinette, nemmeno gli interessavano tanto il pc e i videogiochi. Non poteva rendersi conto fino in fondo di quello che stava avvenendo e al papà continuava a volere bene. Proprio pochi giorni fa, e ne ero rimasta impressionata, aveva cambiato la sua immagine di WhatsApp sul telefonino pubblicando una foto insieme con lui. E magari, chissà, quando martedì gli ha aperto la porta di casa sarà stato pure contento di vederlo. Quell’uomo poteva fare una strage, doveva andare in galera».

 
Chi parla è Milena (il nome è di fantasia, preferisce non comparire) l’amica che ha provato a tirare fuori Marjola dall’inferno di violenza e maltrattamenti in cui era precipitata.


Quand’è che Marjola ha capito di non farcela più a sopportare?
«Era estate, credo che si sia confidata con me perché avevo vissuto una situazione simile. Non mi ricordo la data esatta ma era una domenica di agosto. Si è presentata all’improvviso qui ed era decisa ad andare dai carabinieri ma non sapeva come. Non aveva la macchina, non guidava e mi ha chiesto di darle un passaggio. E così ho fatto, l’ho accompagnata».


Che cosa vi siete dette nel tragitto?
«Non c’era molto da dire, voleva solo uscire dall’incubo. In auto con noi c’era anche Matias e quando lei è entrata dai carabinieri io sono rimasta fuori a giocare con lui. Non ho assistito al colloquio, non so che cosa lei abbia riferito, ma è tutto agli atti. So solo che quando siamo ripartite si sentiva più sollevata».


Poi che cosa è successo?
«Per un po’ di tempo lei e Matias hanno abitato a casa della sorella di lei e del cognato, Marjola lì si sentiva più sicura e protetta. Lo zio adorava il nipotino, stava sempre con lui e anche martedì era andato a prenderlo a scuola. La zia è tornata stamattina dall’Albania. Saranno stravolti».


Ma prima che Marjola le chiedesse aiuto, si era accorta di quanto soffrisse?
«Marjola era sempre con il sorriso e non lasciava intendere che avesse dei problemi con suo marito, probabilmente si teneva tutto dentro da molto tempo e, forse, pensava che un giorno lui sarebbe cambiato, finché non ha compreso che sarebbe stato impossibile».


L’aveva rivista ultimamente?
«A un certo punto, il paese è piccolo, si era diffusa la notizia che io avessi portato Marjola dai carabinieri. Sapevo che, comunque, era aiutata dalla sorella e dai militari, allora ho preferito starne fuori per non esasperare ulteriormente gli animi per paura di ritorsioni ulteriori sia su di lei, che su di me».


Perché accanirsi su Matias, se lo è chiesto?
«Quell’uomo ieri (martedì, ndr) poteva, e forse voleva, fare una strage. Ha colpito Marjola nella cosa più cara che aveva, per annientarla. Poi chissà che altro aveva in mente di fare. Lo hanno visto fare avanti e indietro davanti la casa, avrebbe potuto ammazzare chiunque. Una persona così si poteva fermare solamente sbattendola in carcere».


Ma aveva un divieto di avvicinamento...
«L’unica cosa che mi sento di dire è che quando una donna, o chiunque altro, chiede aiuto in questo modo deve avere la certezza che chi vuole farle del male sia allontanato da lei non solo a parole o per iscritto su un pezzo carta. È inutile che gli dai un divieto quando, poi, nei fatti, in qualsiasi momento, può girare l’angolo e colpirti».


I tribunali, purtroppo, sono pieni di storie di minacce e maltrattamenti...
«So che le forze dell’ordine, come anche in questo caso, fanno tutto quello che possono e i giudici, dal canto loro, dicono di applicare le leggi. E allora, cambiamole queste leggi».
 

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Il Gazzettino