L'inferno ha le sembianze delle mura domestiche. E' il rumore sordo di una forchetta infilata nella mani di un bambino, l'angoscia della solitudine. E poi arriva la...
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GLI INIZI
A ripensarci, le sembra di "essere un'idiota" eppure di quell'uomo era innamorata. Aveva 22 anni, Maria. Lui un bel ragazzo. Già quando rimane incinta però, qualcosa inizia a non funzionare. "Mi picchiava anche quando aspettavo nostro figlio - racconta Maria - addirittura 20 giorni prima del parto sono stata ricoverata. Mi aveva presa a calci". Inutile chiederle ipotetiche causa scatenanti di tanta violenza. "Non c'erano motivi specifici: una volta era la pasta scotta, un'altra perché magari con degli amici sosteneva avessi guardato qualcuno. In macchina, come fosse una prigione, mi diceva di tutto. E mi menava". E poi c'è il figlio, cresciuto con questo papà sui generis, e per Maria ogni giorno era una battaglia: «Lui mi chiedeva di papà, io cercavo di tenerlo lontano. La domenica lo portavo a fare delle gite, l'ho iscritto agli scout. Avevo un senso di colpa, pensavo potessi perdere mio figlio». Che invece poi è cresciuto, è andato via di casa, si è sposato e ha un figlio. Ma lo ha denunciato suo marito? «Facile dire denuncia, io avrei paura. Persone così possono diventare cattive, infide. Possono farti molto male. E poi lui tornava, si metteva in ginocchio, chiedeva scusa e io mi illudevo che cambiasse». Invece il Maggiore Anna Patrono, Comandante dei Carabinieri di Civita Castellana, esorta le donne a denunciare i soprusi e a non “sopportare”. "Bisogna formare anche chi raccoglie le denunce verso l’accoglienza e la comprensione – spiega il Maggiore a margine di un convengo "La violenza di genere: dall’emergenza alla prevenzione. Come intervenire”
– la prima cosa che dico ad una donna che intende denunciare è “io ti credo”, insieme dobbiamo dimostrarlo. Per questo è molto importante produrre una documentazione di Pronto Soccorso".
IL TUMORE
La scintilla non è stata una spinta, uno schiaffo. Un calcio. No, è stata un tumore alla mammella "un male conosciuto da tante donne, che forse può essere un caso ma riguarda la parte femminile materna, noi siamo per dare le vita invece è come se ci venisse negato questo ruolo intrinseco". E così è montata «una rabbia benefica che mi ha fatto cambiare percorso, mi ha fatto stare sveglia, in piedi. Non sapevo se sarei sopravvissuta». Maria ha avuto la forza di lasciare la casa, «ho preso i miei quadretti di ceramica, ho troncato prima possibile altrimenti avrei attraversato l'inferno. Sono uscita senza nuocere a nessuno, non volevo fare la guerra a nessuno, ma solo stare bene e vicina a mio figlio». Con il marito ha fatto una separazione "consensuale, lui non era un mio obiettivo: ho sempre creduto in qualcosa al di là delle vita. Per 3 anni sono stata in silenzio e non l'ho mai visto. Lui dice di aver capito che ha sbagliato e mi ha ringraziata. Ma io dico grazie al tumore, un temporale che mi ha fatto cambiare la rotta. E grazie al centro anti-violenza "Le Lune", che non mi ha lasciata sola. Perché la salute, anche psichica, è sacra". Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino