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Salvata dalla leucemia grazie a uno sconosciuto che poteva essere suo figlio. Così Violante Guidotti Bentivoglio, moglie di Carlo Calenda, inizia a raccontare la sua storia di trapiantata di midollo. Lo fa in occasione del convegno romano 30 anni di ADMO, Il dono e la cura, la vita al centro con cui l'Associazione Donatori Midollo Osseo celebra il suo trentesimo anniversario di attività. «La possibilità di allontanare da me una fine che sembrava stesse lì ad aspettarmi, me l'ha data uno sconosciuto che per puro altruismo mi ha donato il suo midollo osseo - racconta - Quello che so di lui? Pochissimo: che al momento della donazione aveva 19 anni, 3 più di quanti ne abbia mio figlio ora. Nient'altro: non conosco il nome, né ho mai visto la sua faccia, e non so dove vive. Ma quel ragazzo è il mio angelo custode».
Due tumori
Violante è una ex manager nel settore della comunicazione finanziaria, ora impegnata nel volontariato in Oncologia. Ha 49 anni, tre figli e un marito. Ad agosto 2017 Violante scopre di avere una leucemia, dopo tanti segnali sottovalutati. Poco dopo, nel corso degli accertamenti, scopre un secondo tumore, questa volta al seno. "Ma il cancro della mammella passa in secondo piano, ci avremmo pensato dopo, a quello - riprende-. Io e i medici dell'Ematologia del Policlinico Gemelli che mi seguivano, dovevamo concentrarci sulla leucemia. E in effetti a Natale dopo trattamenti intensi, pesanti, spossanti, la malattia è in remissione".Ma nel 2019, ecco una recidiva: la malattia ritorna. E allora parte la ricerca di un donatore di midollo osseo geneticamente compatibile con lei. Una sfida non da poco. Lo racconta Repubbica.
Perché un trapianto di midollo abbia successo è necessario che tra paziente e donatore ci sia compatibilità tissutale cioè una uguaglianza a livello dei geni del sistema di istocompatibilità o HLA.
La lettera
Dopo il trapianto, in forma anonima e con le strutture sanitarie che fanno da ponte, Violante gli scrive una lettera, al suo tipo giusto: "per raccontargli come mi ero sentita, e manifestargli tutta la mia gratitudine", dice. E lui? "Sempre in forma anonima e con il tramite delle strutture sanitarie mi ha risposto, mi ha detto che era contento di quello che aveva fatto e che io stessi bene, e che gli faceva piacere aver potuto aiutare una madre». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino