L'ultimo tentativo. Luigi Di Maio fa un passo indietro, per la prima volta pubblicamente, dalla premiership e invita Matteo Salvini a scegliere un nome terzo,...
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Salvini e Berlusconi viaggiano sullo stesso aereo da Milano a Roma e poi con Giorgia Meloni restano riuniti per due ore a Palazzo Grazioli. Ma alla fine l'intesa non c'è, tanto che i leader del centrodestra potrebbero rivedersi domattina prima di andare al Colle. È loro la palla dopo la mossa di Di Maio, che in un'intervista tv si dice pronto a un passo indietro dalla premiership per sostenere un nome «terzo» e fare con la Lega - e magari l'astensione di FI - un governo che assicuri il via libera a «reddito di cittadinanza, abolizione della legge Fornero e legge anticorruzione».
L'alternativa, dice anche Di Maio, è solo il voto, perché M5s e Lega dicono no a governi tecnici o del presidente. Salvini mostra apprezzamento per la mossa pentastellata e prova a convincere il Cavaliere, perché un governo possa nascere senza spaccare il centrodestra. Non sarebbe sostenibile, per Salvini, l'idea del Cavaliere di appoggiare un governo del presidente nell'attesa di creare in Parlamento le condizioni per la nascita di un esecutivo di centrodestra. Se l'accordo con Di Maio si facesse, ipotizzano nel centrodestra, si potrebbero chiedere un premier come Giancarlo Giorgetti, e Salvini si farebbe garante dell'alleato. Ma Berlusconi non accetta: andiamo al Colle a invocare l'incarico a un premier del centrodestra, continua a chiedere. E se Mattarella proponesse un governo del presidente, sostengono fonti di FI, il Cav sarebbe disponibile, pur di tenere unito il centrodestra, a dire no e accettare il ritorno alle urne.
L'opzione di un governo di tregua resta dunque sul tavolo di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica riceverà lunedì tutti i partiti per un ultimo giro di consultazioni. Se M5s e centrodestra gli portassero l'accordo, con il nome del premier terzo e i numeri per sostenerlo, darebbe il via libera alla nascita di un esecutivo politico. Nel caso, probabile, che ciò non avvenga farebbe la sua mossa incaricando una personalità che si presenti alle Camere per la fiducia. Se non la ottenesse, per il «no» netto di M5s e Lega, il governo del presidente resterebbe in carica per gli affari correnti fino al voto, a luglio o ottobre.
«Prima delle urne siamo pronti a votare un decreto 'manovrinà per scongiurare l'aumento dell'Iva», dice Di Maio, assicurando al Colle che M5s si impegna a evitare il rischio che il protrarsi della crisi porti all'esercizio provvisorio di bilancio.
Il Gazzettino