CITTÀ DEL VATICANO - E (forse) vissero felici e contenti. Sono passate da poco le 13, in una via limitrofa a piazza del Popolo, davanti al ristorante 59, famoso per aver ospitato...
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MEA CULPA Il sacerdote polacco ha lavorato per l'ex Sant'Uffizio 17 anni, fornendo contributi teologici ai documenti dottrinali. «Chiedo perdono alla comunità omosessuale per il mio sofferto silenzio all'interno della Congregazione. In questi anni sono stato testimone di una esasperata omofobia , di un freddo dottrinarismo che non ha nulla a che fare con il Vangelo. I traumi che ho riportato mi hanno indotto a uscire allo scoperto, e raccontare ciò che c'è dentro il Sant'Uffizio, il cuore della omofobia irrazionale, dove non è mai stato intrapreso nessun serio studio sull'omosessualità». Charamsa voleva vuotare il sacco. Era un fiume in piena. Ogni tanto la voce si incrinava per l'emozione, per la rabbia, per l'amarezza. Un miscuglio di sentimenti. «Mi identifico nella Chiesa ma rifiuto e denuncio il clima esasperato di paranoica omofobia dei nostri ambienti. Non possiamo più odiare le minoranze sessuali perché così facendo odiamo gran parte dell' umanità. Io ho vissuto sulla mia pelle questo esasperato paranoico odio verso i miei fratelli. Voglio dire alla mia Chiesa: apri gli occhi. La sofferenza delle persone omosessuali, il loro desiderio di amore, di rispetto, delle loro scelte di vita che sono scelte umane, non disumane! Nessuno ha diritto a chiamarle disumane». Per il Vaticano è un colpo basso. Il cardinale Mueller, prefetto del Sant'Uffizio non ne sapeva niente e non si era mai accorto di niente. Charamsa viveva una doppia vita senza dare nell' occhio. «Non ho ancora detto nulla al Papa, ma gli ho scritto una lettera che spero di consegnarli in questi giorni». L'uscita pubblica è accompagnata da un «Manifesto di Liberazione» composto da dieci punti, riassumibili in una serie di richieste alla Chiesa. Modificare i documenti omofobi, il Catechismo, l'atteggiamento generale verso le comunità gay e le leggi nazionali a favore delle unioni di fatto. «L'Italia ormai è pronta e anche gli italiani». Ai padri sinodali il monsignore lancia un messaggio: «Voglio dire che nessuna famiglia può essere esclusa dalla Chiesa. I ritardi sono disumani». Infine una panoramica sui «tanti» sacerdoti che continuano a vivere scissi, da una parte la vita sacerdotale e dall’altra quella emotiva e sentimentale con un uomo. «Questo coming-out lo dedico a loro. Spero che possano essere preti felici nella Chiesa. Purtroppo molti non trovano la forza di fare un gesto come il mio. Eppure sono ottimi sacerdoti». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino