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Se questa storia l’avessimo raccontata prima del 24 febbraio non avremmo certo lesinato enfasi. Nel titolo avremmo usato come minimo la parola miracolo e tra le righe avremmo aggiunto molti superlativi assoluti. Ma la grandezza di questo che è davvero un miracolo ora si moltiplica ancora. Perché c’è una guerra in corso e perché uno dei protagonisti di un incontro salvavita vive, lavora e ha famiglia nel cuore della Russia che bombarda e che si ritrova stretta nell’isolamento internazionale.
GLI OSTACOLI
Gli ostacoli non mancavano dall’inizio ma le eccezioni stavolta hanno ribaltato il corso degli eventi. Embarghi e steppe sconfinate, divieti e paure non sono bastati a fermare un esercito di bontà che ha fatto in modo di restituire il sogno della vita a un uomo di Cosenza. I nomi non si possono aggiungere alla cronaca ed è giusto così: perché lo impone la legge sui trapianti e perché durante un conflitto così aspro anche la generosità può diventare un capo d’accusa. Il cinquantacinquenne calabrese che ha ritrovato finalmente sorriso e speranza, fino ai giorni scorsi era davvero vicino alla prospettiva di iniziare il suo ultimo countdown. La leucemia lo aveva portato in un temibile vicolo cieco: malattia in forma gravissima, praticamente incurabile, se non con un complicato o inverosimile trapianto di midollo. L’operazione di per sé non è mai semplice e in questo caso persino molto meno.
Ma a volte capita che un angelo compaia in mezzo all’inferno dei lanciarazzi. Eccolo lì, in un paese che si trova a 5 ore di volo da Mosca, non lontano da quelle periferie in cui Putin ha reclutato tutti gli uomini da spedire al fronte. È l’unico al mondo che risulta perfettamente compatibile con il paziente calabrese già quasi arrivato alla fine dei suoi giorni.
Il collegamento tra il Centro trapianti dell’ospedale di Reggio Calabria e la Russia profonda funziona, diventa quotidiano. Le analisi si possono fare anche a distanza, ma le donazioni proprio no. E con il midollo osseo da trasportare dall’altra parte del mondo non è possibile incaricare un corriere espresso. In un momento qualsiasi sarebbe stato facile: in poche ore, con due o tre biglietti aerei, il donatore sarebbe arrivato in Italia e tutto il resto sarebbe andato come da routine medica. Ora invece è tutto vietato, anche tentare di restituire la speranza a un malato innocente. Ci sono sanzioni internazionali e cieli sbarrati al traffico aereo: gli embarghi non sono aggirabili neppure per ragioni sanitarie. La zona franca delle sanzioni resta quella Turchia che da mesi si offre per mediare tra Putin e Zelensky e che stavolta apre la porta a una delle più belle operazioni umanitarie che si siano compiute da quando è iniziato il conflitto. Parlare di ponte aereo sembra sempre cosa facile ma organizzarlo in tempi di guerra non è né semplice né privo di rischi. E non solo perché da quelle parti le bombe cascano sul terreno come le castagne in un bosco d’autunno.
VINCE L’OTTIMISMO
Ma vince l’ottimismo: la triangolazione aerea va a buon fine. «Abbiamo anche temuto di non farcela - confessa l’ematologo calabrese - Ogni difficoltà faceva molta più paura, perché per il paziente non c’erano davvero altre possibilità di salvezza. Il quadro clinico era molto grave». Il gemello genetico del 55enne di Cosenza e un team super specializzato si incontrano all’aeroporto internazionale di Istanbul. Ultime analisi e prelievo eseguito. Ora c’è da compiere l’ultimo miglio, che di solito è quello più delicato. Il trasportatore speciale è il volontario piemontese Massimo Giraudo, che torna in Italia con il trofeo più importante di sempre. «Il trapianto è andato bene e ora aspettiamo di vedere il risultato finale - dice scaramantico il coordinatore del team dei trapianti - Una soddisfazione comunque sentiamo di averla già ottenuta, nel nostro piccolo abbiamo siglato una piccola pace sanitaria nel bel mezzo di questa guerra terribile».
Il Gazzettino