Riina, la guerra per la successione. Il questore di Palermo Cortese: «L’erede non è Messina Denaro»

Renato Cortese, lei ha avuto una lunga esperienza investigativa a Palermo, poi allo Sco ed ora a capo della questura. Cosa rappresenta la morte di Totò Riina...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Renato Cortese, lei ha avuto una lunga esperienza investigativa a Palermo, poi allo Sco ed ora a capo della questura. Cosa rappresenta la morte di Totò Riina “’u curtu” per Cosa nostra?

«Non ci sono dubbi che fino a questa mattina (ieri ndr) fosse lui il capo, nonostante la lunga detenzione. Dunque, la sua morte può avere conseguenze a vari livelli, criminale ma anche di ordine pubblico, del quale mi occupo come questore di Palermo». 

Cosa può succedere?
«È un problema che ci stavamo ponendo anche alla luce delle recenti scarcerazioni. Soggetti di peso, dopo 15 o 20 anni di reclusione, sono tornati in libertà e si stanno riposizionando sul territorio. È vero che Cosa nostra è in difficoltà rispetto al passato, grazie all’impegno di investigatori e magistrati. Ma la sua storia va guardata in prospettiva».

Ovvero? 
«È un organizzazione che ha 170 anni di vita, non basta analizzare gli ultimi quindici o vent’anni per capirla. E se la guardi in prospettiva non puoi non notare i cicli storici che l’hanno caratterizzata. Includono momenti di silenzio, faide, attacchi eversivi alle istituzioni. Oggi Cosa nostra non si mostra con violenza, ma ci ha abituato alla sua capacità di cambiare anche molto rapidamente». 

Si rischia una nuova guerra?
«Oggi i possibili eredi possono essere animati da spinte per riorganizzare i mandamenti. Quando si parla di Cosa nostra non si parla solo di Palermo e Corleone o includendo Trapani, come qualcuno può pensare, secondo me in maniera superficiale. Cosa nostra ha le anime catanesi, nissene, la pancia nell’agrigentino, gli interessi economici della zona orientale. Un capo deve essere capace di mettere insieme identità diverse, lontane anche territorialmente».

Dunque Matteo Messina Denaro non è automaticamente il capo?
«Non c’è niente di automatico. Il trapanese Messina Denaro ha come unica carta il carisma che gli deriva da 25 anni di latitanza. Basta questo per mettere tutti d’accordo, inclusa Palermo? Ad esempio, bisogna vedere sei i palermitani sono ancora disposti a lasciare la leadership a forestieri. Dalle evidenze raccolte, la sua nomina non è scontata». 

Alcuni giornali hanno scritto di intercettazioni che parlano di riunioni in corso tra capi mandamento.

«Paradossalmente tutto può essere stato deciso e noi ancora non lo sappiamo, non ci sono evidenze. Buona parte dei ragionamenti che facciamo sono basati sull’analisi di fatti noti». 



  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino