Paura a Torino, presunto caso di mucca pazza

Paura a Torino, presunto caso di mucca pazza
TORINO - Paura a Torino. Anche la procura del capoluogo piemontese vuole vederci chiaro sul sospetto caso di morbo della «mucca pazza» avvenuto nei giorni scorsi...

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TORINO - Paura a Torino. Anche la procura del capoluogo piemontese vuole vederci chiaro sul sospetto caso di morbo della «mucca pazza» avvenuto nei giorni scorsi all'ospedale Molinette di Torino e ha incaricato i carabinieri del Nas di accertamenti. Intanto ieri è stata svolta l'autopsia sul corpo del 53enne campano deceduto, ma bisognerà attendere trenta giorni per avere i risultati delle analisi e scoprire se l'encefalopatia da prioni di cui era affetto fosse la forma conosciuta come morbo della «Mucca pazza», o meno. Il Centro di Referenza per la Bse (morbo della mucca pazza) dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale, ricorda infatti che il contagio alimentare può essere accertato soltanto da esami effettuabili post mortem e di cui bisogna, pertanto, attendere gli esiti.




«L'attività di sorveglianza sui bovini - si legge in una nota dell'Istituto - garantisce la massima sicurezza del prodotto alimentare di origine animale che arriva sulle nostre tavole. Dall'inizio della sorveglianza (Gennaio 2001) sono stati effettuati oltre 7 milioni di test rapidi su bovini prima del loro ingresso nella catena alimentare, e non solo».



«L'efficacia delle misure di controllo intraprese - aggiunge la direttrice dell'Istituto, Maria Caramelli - è testimoniata dal drastico decremento dell'incidenza della Bse nel nostro Paese e in tutta Europa: l'ultimo caso in un bovino è stato identificato oltre 4 anni fa. I 145 casi complessivamente riscontrati in Italia sono uno dei numeri più bassi registrati tra i Paesi dell'Unione Europea».



Il sistema di sicurezza italiano è stato riconosciuto così efficace da ottenere il riconoscimento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità Animale. «Nessun allarme pertanto - afferma ancora Maria Caramelli - e una sicurezza assoluta per il consumo di carni bovine nel nostro Paese, ora come dieci anni fa. Ma, vista la comparsa della malattia in allevamenti bovini in altri continenti, quali Asia e Sudamerica - conclude - la sorveglianza deve comunque mantenere standard elevati per intercettare anche le eventuali forme atipiche di Bse e garantire il massimo livello di protezione dei cittadini». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino