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TERNI Con l’arrivo della prima figlia, 16 anni fa, Cinzia Mariani sceglie di andare a lavorare al Carrefour Market di Terni. Aveva un impiego a tempo pieno in un negozio di abbigliamento in Corso Tacito ma non riusciva ad ottenere una riduzione dell’orario di lavoro. E’ a quel punto che guarda con favore al colosso francese della grande distribuzione che si presenta alla città con una impostazione tutta nuova e che poco dopo diventa il solo punto vendita a restare aperto 24 ore su 24. «E’ stata una mia scelta chiedere un colloquio in via Bramante - racconta Cinzia - per ottenere un contratto part time. Fu una fortuna per me, perché tre anni dopo nasce il mio secondogenito e sarebbe stata dura crescere due figli stando fuori casa otto ore al giorno». «Sono quei sacrifici che le lavoratrici mamme, ancora oggi, sono costrette a fare: un passo indietro nella carriera professionale e uno in avanti nella cura della famiglia» - evidenzia. Cinzia è sposata con Stefano Ferminelli, classe 1969, dipendente della Treofan dal 1993. «Potevamo contare già sul suo stipendio e per un nucleo familiare di quattro persone, un’occupazione part time, per me, bastava». Una vita tranquilla fino a quando non arriva la lettera di licenziamento collettivo da parte della Jindal in vista della chiusura dello stabilimento ternano. Circa 130 lavoratori a spasso, in quattro e quattr’otto, per una scelta della multinazionale indiana, che però non va giù a sindacati e istituzioni. Un dramma e un paradosso, considerata da una parte la forte domanda di materie plastiche sul mercato e dall’ altra la produttività del polo chimico ternano. Inizia il periodo delle tensioni in casa, delle notti in bianco, dei presidi, dei sit in, delle assemblee, delle manifestazioni. Una parentesi che ancora non sembra avere fine. Intanto sopraggiunge la notizia della chiusura del Carrefour, a fine maggio. «Siamo stati convocati dall’ufficio risorse umane pochi giorni fa e siamo stati informati, uno ad uno, della dismissione del supermercato di via Bramante», spiega Cinzia. Siamo un bel gruppo (18) e c’è un bel rapporto tra tutti noi. La possibilità di essere ricollocati presso punti vendita di altre città del Paese o delle sue isole può andare bene ad un giovane con un contratto a tempo pieno, ma non ad una mamma di cinquant’anni con la famiglia radicata qui. La frana partita con la crisi economica ed industriale del territorio sembra venire giù a precipizio su di noi.
Il Gazzettino