Sorelle arse vive, Serif già libero, si indaga sulla famiglia Seferovic

Ora la procura di Roma passa al contrattacco. Dopo l’ordinanza con cui il gip di Torino ha rimesso in libertà Serif Seferovic, fermato l’1 giugno nel capoluogo...

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Ora la procura di Roma passa al contrattacco. Dopo l’ordinanza con cui il gip di Torino ha rimesso in libertà Serif Seferovic, fermato l’1 giugno nel capoluogo piemontese perché considerato l’esecutore materiale della strage di Centocelle, il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il pm Antonino Di Maio sono pronti a sollecitare i colleghi del Nord a impugnare il provvedimento del giudice, considerato contraddittorio. Per il gip Alessandra Danieli, non è chiaro chi sia l’esecutore materiale dell’agguato nel parcheggio del centro commerciale “Primavera”, con il camper della famiglia Halilovic andato in fiamme e tre sorelline rimaste intrappolate all’interno. A carico di Serif, difeso dall’avvocato Gianluca Nicolini, mancherebbero indizi di colpevolezza talmente gravi da giustificare la più pensante delle misure di custodia. Per esempio: nel provvedimento si legge che meriterebbero un approfondimento investigativo alcune circostanze emerse nel corso dell’interrogatorio di convalida dell’indagato, accusato di aver incendiato con una molotov la roulotte nella notte tra il 9 e il 10 maggio. Circostanze che, se confermate, scagionerebbero Serif.

Il magistrato suggerisce, per prima cosa, di verificare dove la famiglia Seferovic abbia trascorso la notte dell’omicidio. Il giovane, 20 anni, ha raccontato che si trovavano tutti nella piazzola di sosta di un autogrill. Tutti tranne suo fratello Renato, pure lui indagato. «Il suo furgone non l’ho visto», ha detto il ventenne. «Il 9 sono stato fermato a Villenuove con mio padre, fratelli e cugini. I vigili hanno detto che non potevamo rimanere e siamo andati verso Porte di Roma. Alle 17 sono entrato con mia moglie - ha raccontato - Quando siamo usciti non c’era più nessuno. La polizia aveva chiesto i documenti ai miei familiari e li aveva portati sull’autostrada, nei pressi di un autogrill. Li abbiamo raggiunti». Per il giudice, l’uomo ripreso dalle telecamere di sorveglianza a Centocelle mentre lancia una molotov contro il camper, quindi, potrebbe non essere Serif, ma un altro componente della famiglia, che aveva avuto pesanti screzi con gli Halilovic.
IL FURGONE
Nel frattempo, i pm sono a caccia di altre prove. Ieri hanno svolto accertamenti irripetibili, cercando tracce biologiche e impronte del ventenne nel furgone usato per l’agguato. Nell’inchiesta c’è infatti un punto fermo: il veicolo dei killer è un Fiat Ducato intestato al fratello di Serif, Renato. Il mezzo ha entrambi i fanali del lato destro rotti e una fiancata imbrattata di vernice e ricoperta da un adesivo. Acquisendo i filmati delle telecamere della Capitale, gli investigatori hanno registrato il transito del mezzo di Renato in via Prenestina, all’altezza di via Colleoni. In un’informativa del 29 maggio, la polizia giudiziaria specifica che il furgone è passato alle 3.16 di notte, circa 8 minuti dopo l’omicidio, e percorrendo un tragitto di 4 chilometri «in 5 minuti, tempo compatibile vista l’ora notturna ed essendo via Prenestina un’arteria ad alto scorrimento».

Nel frattempo, il ventenne è con la famiglia a Torino. «Serif è reperibile, è libero - ha dichiarato l’avvocato Nicolini - può fare ciò che vuole, venire a Roma, andare in vacanza». Sulla vicenda si è espressa anche la sindaca Virginia Raggi, a margine di una premiazione all’Istituto agrario Garibaldi: «Lasciamo lavorare la Procura, del resto c’è stata un tragedia con la morte di tre innocenti. Quindi speriamo che la giustizia faccia presto il suo corso». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino