Rinchiudeva bimbi di pochi mesi in una stanza buia per convincerli a smetter di piangere, li costringeva a mangiare tappando loro il naso e a quelli più grandi negava il...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Choc all'asilo, bimbi costretti a picchiare i compagni: «Così capisci che non si fa»
Ad incastrare la donna sono state anche le intercettazioni ambientali e i filmati di telecamere posizionate nell'abitazione dai carabinieri le cui indagini sono state coordinate dal pm Silvia Benetti. Due giorni fa i carabinieri sono intervenuti quando la donna ha messo una bimba che piangeva all'aperto sul terrazzo e i pianti hanno richiamato l'attenzione dei passanti. La donna è stata quindi portata nel carcere di Sollicciano (Firenze); poi, dopo la convalida da parte del gip Alessandro Buccino Grimaldi, ai domiciliari.
«Sono una educatrice laureata, madre di tre figli, trenta anni di esperienza, con diversi bambini di fasce diverse»: così scriveva di sé l'educatrice per promuovere la sua attività su un sito Internet descrivendo la sua struttura come «unico nido domiciliare in Italia connesso in real time, per maggior trasparenza con le famiglie». E proprio per carpire la fiducia delle famiglie la donna inviava tramite whatsapp foto e video artefatti che ritraevano i bambini sereni impegnati in attività ludiche, anche se le indagini dimostrano che non era così. Agli stessi genitori, secondo quanto si apprende da fonti d'indagine, era vietato entrare nell'asilo domiciliare «per motivi igienici» e quando andavano a riprendere i figli dovevano comunicare l'arrivo tramite un messaggio whatsapp all'educatrice. Così la donna aveva tempo per tranquillizzare i bambini che piangevano, cambiar loro i pannolini o occultare eventuali segni di maltrattamento.
Erano da cinque a dieci i bambini, tra 6 mesi e 3 anni di età, che ogni giorno venivano affidati alla donna su pagamento di una retta mensile di 600 euro o di tariffa oraria di 7 euro.
Il Gazzettino