OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
«Le analisi eseguite supportano l'ipotesi che Serena sia entrata in caserma». Lo ha detto, o meglio lo ha ripetuto, il luogotenente Rosario Casamassima dei carabinieri del Ris di Roma durante l'udienza del processo di secondo grado in corso davanti alla corte d'assise d'appello di Roma sull'omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce uccisa nel 2001.
«Gli elementi, legno, resina e colla, che trovo sul nastro che avvolgeva il capo di Serena Mollicone sono riconducibili a una porta dell'alloggio della caserma», ha spiegato, poi il sottufficiale, ascoltato assieme ai colleghi Vittorio Della Guardia, Ferdinando Scatamacchia.
I tre carabinieri hanno ribadito, quindi, quanto già affermato nel processo di primo grado, dinanzi alla corte d'assise di Cassino che ha assolto tutti gli imputati: Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, il figlio Marco e la moglie Anna Maria che rispondono di omicidio. E ancora: i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale, quest'ultimo per l'istigazione al suicidio di Santino Tuzi, morto suicida mentre il collega per favoreggiamento.
L'ACCUSA
L'accusa, anche nel processo d'appello, continua a sostenere che l'omicidio si sia consumato in un alloggio a trattativa privata, dove ci sarebbe stato un litigio tra la 18enne e Marco Mottola, quest'ultimo l'avrebbe spinta contro la porta. Ipotesi questa che, però, non è stata accertata nel processo di primo grado, sostenendo che «l'ipotesi dell'impatto della testa di Serena contro la porta in giudiziale sequestro non si ritiene dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche».LA CALDAIA
«Non posso avanzare ulteriori valutazioni - ha specificato Casamassima - ma le leggi della fisica confermano quello che sto riferendo.
Nel corso delle indagini, riaperte de Gip del tribunale di Cassino nel 2016 venne riesumato il corpo della vittima per una nuova autopsia eseguita dalla professoressa Cristina Cattaneo, del Labanof di Milano, la quale ascoltata alla scorsa udienza ha ribadito: «Serena, se soccorsa, poteva essere salvata.
LA DIFESA
Quelle tracce di materiale non vengono dalla porta della caserma «perché ce ne sono altre 111 che non sono di legno come sale d'ammonio e carbonato di calcio che non sono presenti in una caserma dei carabinieri e la procura generale non ha saputo spiegare che tipo di collegamento ci sia con questi altri frammenti». Lo ha detto, invece, l'avvocato Mauro Marsella, legale del pool della difesa Mottola, che ha concluso: «Il maresciallo Casamassima ha estratto dai nastri che avvolgevano il capo di Serena 28 micro frammenti di legno e nel fare un test di comparazione invece che prendere la stessa lunghezza dei nastri ha preso solo una porzione. Sostanzialmente ha paragonato 40 centimetri ai 9 metri e venti di nastro che avvolgevano la testa di Serena e questo restituisce dati assolutamente incongruenti».
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino