All'origine la sua vocazione trovò radici nella fede della madre, che - ricorda - lo ha accompagnato sin da bambino attraverso la lettura della rivista di informazione e cultura religiosa «Il Messaggero di Sant'Antonio». Dopo il noviziato, don Nicola sceglie la strada del matrimonio, «ma sempre sorretto dall'amore di Dio». Il cammino vocazionale, insomma, è durato circa 43 anni. «La continuità generazionale della vocazione familiare, ma anche di tanti giovani che si sono accostati alla vita sacerdotale, sono stati i frutti principali di una vocazione matura», sottolinea l'arcidiocesi di Campobasso-Boiano. E nella scelta definitiva di Nicola e rientrare in seminario e indossare l'abito talare, dopo la dolorosissima morte della moglie, parte rilevante ha avuto anche la guida dell'arcivescovo Bregantini.
«La mia casa - soggiunge don Pacetta - è stata un Santuario dove la fede è vissuta da tutti i componenti e dove la comunione viene vissuta dalla luce e della fede. Ai miei figli consegnerò la mia fede». L'arcivescovo di Campobasso, nel formulare il suo augurio al novello sacerdote, sigilla l'evento come «trionfo di un cammino che è il trionfo verso Cristo». «È il gesto più bello e più vero che può compiere un prete! - osserva Bregantini - Poter invitare, poter accogliere perché la nostra gente possa nutrirsi dell'Eucarestia, con abbondanza, senza paura, senza remore superando quel concetto meritocratico dell'eucarestia, che spesso l'appanna e la rende selettiva! Perché 'la Chiesa non è una dogana ma la Casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa!', come afferma Papa Francesco».
Mentre le vocazioni sacerdotali calano, quindi, l'esempio di un 73enne che ha avuto alle spalle una vita familiare può aprire vie nuove per la Chiesa.
E non è un caso che l'ordinazione di don Nicola avvenga alla vigila della 'Domenica del Buon Pastore', in cui la Chiesa celebra la 56/a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino