Sala piena in ogni ordine di posti alla Società Dante Alighieri. Platea navigata e segnata dall'universo Dc. E al banco dei relatori, oltre all'ex ministro montiano...
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A quella fase è dedicata la prima parte del volume La repubblica degli italianì, di Agostino Giovagnoli, fulcro del rendez vous della sinistra Dc che va in scena a due passi da Montecitorio nel pomeriggio. Una Dc verso la quale Prodi non lesina elogi. «Non era affatto un partito conservatore, era quello della sanità per tutti, della scuola obbligatoria», ricorda il Professore mettendo più volte a confronto gli anni pre-Ulivo con l'attuale situazione politica e sociale. Una società dove alla gente «della storia non gliene importa nulla» dove magistratura, presidenti della Repubblica e Consulta hanno «sostituito» governo e Parlamento riempiendo «il vuoto della frammentazione».
Ad ascoltarlo ci sono esponenti della balena bianca come Angelo Sanza e Alessandro Forlani, membri di Sant'Egidio, deputati come Lorenzo Dellai ed ex ministri dell'ultimo governo Prodi come Alessandro Bianchi. Oltre ad una folla di cronisti. E Prodi non risparmia aneddoti, come quando, per esemplificare i drammatici cambi della politica italiana, racconta di un incontro con Helmut Kohl, che, nel «riaccompagnarmi verso l'elicottero mi disse: è stato un bell'incontro, chi viene la prossima volta?». Anche per questo, è il suo invito, «una legge elettorale deve essere forever». Ma, oggi, non basta. «Il nostro compito è quello di ricomporre queste tessere così frammentate in un momento in cui si sta demolendo l'Ue, arriva Trump, crescono i populismi. Ai tempi della Dc, c'era un dibattito politico d'elite ma diffuso e una struttura di partito. La democrazia deve venire da un lavoro collettivo», è l'amara constatazione del Professore. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino