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Con una ventina di cooperative, era riuscito a creare un vero e proprio monopolio nel settore. Un piccolo impero che, secondo il gip Annalisa Marzano, sarebbe stato gestito a suon di ricatti e minacce. Raffaello Melaragno, il re romano delle coop che gestiscono il servizio taxi e Ncc - tra i clienti c’è addirittura il Senato - ora si trova ai domiciliari con l’accusa di estorsione. Gestore di 21 cooperative di auto bianche avrebbe cercato per anni di tenere ancorati a sé i soci minacciandoli di licenziamento, ma anche di privarli della macchina, della licenza e del permesso Ztl, necessario per circolare in città. Avrebbe anche fatto partire una serie di denunce definite «strumentali» dagli inquirenti, sempre a carico dei soci che avevano deciso di mettersi in proprio. Ma non è tutto: Melaragno avrebbe trattenuto il Fondo di integrazione salariale messo a disposizione dall’Inps durante la pandemia.
LE ACCUSE
Nell’ordinanza si legge che i conducenti sarebbero stati sottoposti a «condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno di lavoro».
Il gip scrive nell’ordinanza che dalle indagini emerge «uno spaccato criminale oramai consolidato e diffuso», con i soci-lavoratori «costretti a sottostare a regole economiche estremamente vessatorie», oppure obbligati «a rimanere vincolati alla cooperativa in ragione delle minacce».
LA DENUNCIA
L’inchiesta è iniziata nel dicembre del 2020 con la denuncia di un tassista che si è accorto di non avere percepito il Fis che gli era stato riconosciuto dall’Inps: era stato emesso in suo favore un assegno che copriva il periodo dal 15 febbraio al 30 giugno 2020. Il denaro, però, non gli era mai stato consegnato dalla società. Il conducente ha raccontato agli inquirenti anche altri dettagli: il taxi, formalmente intestato alla cooperativa, veniva acquistato dal socio-lavoratore, e alla fine del mese ogni tassista doveva corrispondere alla coop, a prescindere dall’entità degli incassi, un somma di denaro. «La busta paga - è precisato nella denuncia - era redatta per importi e voci non corrispondenti al vero». Dalle indagini, per il gip, è poi emerso che i tassisti che si rivolgevano a Melaragno per evitare di seguire le pratiche burocratiche con Inps ed Erario, finivano poi in «una trappola», al centro di «una spirale perversa che li vedeva avvinghiati nella tela intessuta» dall’indagato.
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Il Gazzettino